Le diverse religioni cristiane a Gerusalemme
Nella mia visita ai diversi luoghi di Gerusalemme ero a conoscenza delle varie confessioni religiose: ebrei cristiani e mussulmani, ma mi ha particolarmente meravigliato la presenza, in quasta città, di numerose chiese cristiane cattoliche, ortososse e protestanti alcune già note ma altre a me, completamente sconosciute.
Un universo di fedi divese che ho approfondito solo al mio ritorno. Queste note riprese da internet danno pertanto un breve cenno a questa realtà.
Patriarcato (cattolico) di Gerusalemme dei Latini
Il patriarcato di Gerusalemme dei Latini è una sede della Chiesa cattolica immediatamente soggetta alla Santa Sede.
Nel 2010 contava 160.700 battezzati. È attualmente retta dal patriarca Fouad Twal.
Il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, unico tra i vescovi cattolici di rito latino ad avere il diritto di portare il titolo di "Sua beatitudine", è anche Gran Priore dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme per la Terrasanta.
Cronologia
I secolo: Fondazione della Diocesi di Gerusalemme
451: Elevazione a Patriarcato
Occupazione musulmana
1099: Istituzione della Sede patriarcale di rito romano
1295: Declassamento a Patriarcato titolare
23 luglio 1847: Ripristino della Sede patriarcale
Il 15 luglio 1099 Gerusalemme fu conquistata dai Crociati, che inaugurarono così il Regno di Gerusalemme che durò per quasi 200 anni. Fino a quel momento tutti i cristiani in Terra Santa erano stati sotto la giurisdizione del Patriarca ortodosso di Gerusalemme, ma i crociati non accettarono di essere sottoposti a un religioso di rito bizantino, membro di una Chiesa separata da quella di Roma dopo il Grande Scisma del 1054 tra Oriente e Occidente. Perciò, il 1º agosto 1099 i religiosi crociati crearono il patriarcato di Gerusalemme dei latini e ne nominarono primo titolare Arnolfo di Roeux.
Simone II, il Patriarca greco di Gerusalemme, finì per rifugiarsi a Costantinopoli attorno al 1107, e un suo successore non rivedrà Gerusalemme che nel 1187. Fu istituita una gerarchia ecclesiastica latina, di rito romano: durante l'esistenza del Regno di Gerusalemme il patriarcato latino era diviso in quattro arcidiocesi a capo delle quali vi erano l'arcivescovo di Tiro, l'arcivescovo di Cesarea, l'arcivescovo di Nazaret e l'arcivescovo di Petra ed aveva come diretti suffraganei i vescovi di Lidda-Ramla, Betlemme, Hebron e Gaza e gli abati del Tempio, Monte Sion e Monte degli Ulivi.
Il patriarca latino controllava inoltre il Quartiere latino della città di Gerusalemme (il Santo Sepolcro e le immediate vicinanze).
Dopo la caduta di Gerusalemme nel 1187, la sede del patriarcato fu trasferita a Tiro, poi a San Giovanni d'Acri nel 1191. Il patriarca tornò a Gerusalemme nel 1229, quando la città fu restituita ai Crociati, poi di nuovo a San Giovanni d'Acri nel 1244. San Giovanni d'Acri aveva una sua diocesi, ma le due furono unite nel 1261.
Quando, con la caduta di San Giovanni d'Acri nel 1291, le ultime vestigia del Regno furono conquistate dai Mamelucchi, la storia del patriarcato, che corrispondeva approssimativamente al territorio del Regno di Gerusalemme, terminò.
Tuttavia, la Chiesa cattolica continuò a nominare patriarchi di Gerusalemme titolari che, dopo il 1374, ebbero la loro sede nella Basilica di San Lorenzo fuori le Mura a Roma.
Nel XIV secolo, oltre a questa basilica, il patriarca mantenne la competenza su numerosi domini orientali rimasti in mani latine (le isole greche di Cipro, Lesbo, Chio, Creta, Rodi, Nasso, ed altre minori), ma questi possedimenti diminuirono con il progredire, nel tempo, delle conquiste turche.
Il 23 luglio 1847 papa Pio IX con il breve Nulla celebrior decise di ripristinare il Patriarcato di Gerusalemme dei latini, ma con un significato diverso rispetto al Patriarcato crociato: non veniva più messo in discussione il fatto che il Patriarca greco-ortodosso fosse il legittimo successore del primo vescovo di Gerusalemme.
Il 4 ottobre fu annunciato che l'Impero Ottomano autorizzava il reinsediamento, con competenza estesa su Palestina e Cipro.
Per evitare coinvolgimenti in questioni a carattere nazionale furono nominati solo patriarchi italiani fino al 1987, quando il cambiamento di questa politica fu segnato dalla nomina di Michel Sabbah, il primo arabo palestinese a portare il titolo.
La basilica del Santo Sepolcro fu eretta a cattedrale del patriarcato latino. Tuttavia, il patriarca latino può celebrarvi solo nei tempi e negli spazi assegnati alla comunità francescana della Custodia di Terra Santa dallo Statu Quo e secondo gli accordi con la stessa. Lo Statu Quo è un firmano ottomano del 1852, tuttora in vigore anche per effetto dell'Accordo Fondamentale tra la Santa Sede e lo Stato di Israele del 1993, che assegna i diritti sul Santo Sepolcro alle varie confessioni cristiane presenti: oltre ai francescani, vi sono gli Armeni, i copti, i siri e i greco-ortodossi, il cui patriarca ha al centro della stessa basilica la propria cattedra ed il Katholikon, ossia la propria cattedrale. La cattedra del patriarca latino non può essere collocata nella basilica del Santo Sepolcro e si trova quindi nella concattedrale del Santissimo Nome di Gesù, chiesa madre della diocesi, dove egli celebra normalmente. La residenza del patriarca è presso la concattedrale.
Il seminario, invece, si trova a Beit Jala, una cittadina 10 km a sud di Gerusalemme, dove è stato trasferito nel 1936.
Il patriarca latino è membro di diritto del Consiglio dei Patriarchi cattolici d'Oriente.
Custodia di Terra Santa
La Custodia di Terra Santa è una provincia dell'Ordine dei Frati Minori; essa comprende Egitto, Israele, Territori palestinesi, Siria, Giordania, Libano, Cipro e l'isola di Rodi.
L'origine della Custodia di Terra Santa risale al 1217, quando si tenne il Capitolo generale dell'Ordine dei Frati Minori, per volontà di San Francesco di Assisi. In quell'occasione l'Ordine dei Frati Minori, fondato nel 1209, fu suddiviso in Province, tra cui la Provincia di Terra Santa, la quale si estendeva a tutte le regioni che gravitavano attorno al bacino del Mediterraneo, dall'Egitto fino alla Grecia ed oltre.
Nel 1219, San Francesco di Assisi si imbarcò da Ancona per visitare la Provincia di Terra Santa. Il frate di Assisi prese parte come messaggero di pace alla Quinta Crociata; lo sbarco in Egitto sul fronte della guerra per la conquista di Damietta, lo indusse ad ottenere il permesso dal delegato pontificio di incontrare, a suo rischio e pericolo, il sultano al-Malik al-Kamil. L'incontro costituisce ancora oggi una della pagine più importanti della storia dell'Ordine francescano e del dialogo tra cristiani e musulmani.
Non è certo che San Francesco di Assisi visitò i Luoghi Santi di Gerusalemme, che fu liberata solo per un breve periodo di tempo nel 1229, tre anni dopo la morte del Santo. In quell'anno, grazie ad una tregua nella guerra tra musulmani e cristiani, i Frati Minori poterono stabilirsi presso la V Stazione della Via Crucis. Nel 1220 Francesco si stabilì per un breve periodo di tempo ad Acri, allora in mano cristiana.
Nel 1291, Acri cadde sotto il dominio islamico, per restarvi fino alla conquista degli inglesi, sette secoli dopo. I Francescani furono costretti a ripiegare a Cipro, dove era la sede della Provincia di Oriente, ma non persero mai i legami con Gerusalemme ed i santuari Palestinesi.
Nonostante fossero banditi dalla Terra Santa, papa Giovanni XXII autorizzò l'Ordine Francescano ad inviare ogni anno due suoi frati. I Frati Minori continuarono così ad essere presenti e ad esercitare ogni possibile forma di apostolato.
Nel 1333 i Frati riscattarono il Cenacolo e presso di esso fondarono un convento. I musulmani, nello stesso anno, riconobbero i Frati Minori come officianti abituali della basilica del Santo Sepolcro.
Ruolo fondamentale lo ebbe il re di Napoli Roberto d'Angiò, terziario francescano come la moglie Sancha d'Aragona, il quale concesse la somma richiesta dal Sultano di Egitto, attraverso la mediazione di Frate Ruggero Garini, per assicurare ai Francescani il diritto a vivere e svolgere le celebrazioni al Santo Sepolcro e a vivere presso il Santo Cenacolo, come rappresentanti della Chiesa di Roma.
Il Papa Clemente VI, con la bolla Gratias Agimus e Nuper Carissimae nel 1342, anno primo del suo pontificato, approvò l'operato dei Reali di Napoli, riconoscendo ai frati il diritto a rappresentare la Chiesa di Roma nei Luoghi Santi.
Oggi la Custodia di Terra Santa opera in Israele, Giordania, Egitto, Siria, Libano, Cipro, e Grecia. Offrono il proprio servizio oltre 300 religiosi provenienti da 32 Paesi; inoltre sono presenti circa 130 Congregazioni femminili.
I Santuari affidati alla Custodia sono 74, tra di essi:
la Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme
la Basilica della Natività a Betlemme
la Basilica dell'Annunciazione a Nazareth
Cronologia
1217: L'Ordine Francescano viene suddiviso in province: nasce la Provincia di Terra Santa;
1219: San Francesco di Assisi approda in Egitto ed incontra il sultano al-Malik al-Kamil;
1229: I Francescani si stabiliscono a Gerusalemme nei pressi della V stazione della Via Crucis;
1323: Servizio ed umile abitazione nel Santo Sepolcro;
1335: Fondazione del convento del Cenacolo;
1342: Erezione canonica della Custodia di Terra Santa da parte di papa Clemente VI;
1347: definita sistemazione del santuario della natività a Betlemme;
1363: Presa di possesso della Tomba della Vergine, conservata fino al 1757;
1392: Recupero della Grotta degli Apostoli, a nord dell'Orto degli Ulivi;
1485: acquisto ad Ain Karem del luogo della nascita di Giovanni Battista;
1551: Espulsione definitiva dal Cenacolo;
1557: La sede della Custodia passa al convento di San Salvatore in Gerusalemme;
1620: Acquisto a Nazareth delle rovine del Santuario dell'Annunciazione;
1631: Acquisto sul Monte Tabor delle rovine del santuario della Trasfigurazione da parte del Padre Diego Campanile da Sanseverino;
1679: Acquisto della proprietà del santuario della Visitazione ad Ain Karem;
1889: La V stazione, il Dominus Flevit, Taghba e le rovine di Magdala entrano a far parte del patrimonio della Custodia;
1894: Acquisto delle rovine di Cafarnao;
1917: A causa della prima guerra mondiale, i Frati Minori rischiano l'incarcerazione;
1920: Benedetto XV elegge Sant'Antonio da Padova "patrono particolare e protettore della Custodia"
2002: Costituzione dell'Associazione di Terra Santa, Onlus finalizzata alla realizzazione di progetti di breve e medio periodo nei territori della Custodia.
Chiesa cattolica greco-melchita
La Chiesa cattolica greco melchita è una Chiesa cattolica sui iuris di rito bizantino. Conta circa 1.200.000 fedeli ed è guidata dal Patriarcato di Antiochia dei Melchiti.
I melchiti seguono le varianti greche del rito bizantino circa la guida, la teologia e la spiritualità. Per questo sono anche detti "Cattolici orientali", "Cattolici bizantini" o "Greco cattolici".
Con il termine melchita si designano in particolare i cristiani di rito bizantino, cattolici così come ortodossi, dei patriarcati di Alessandria, di Antiochia e di Gerusalemme. Nel VII secolo avvenne una scissione, all'interno della Chiesa di Antiochia, tra calcedonisti e non calcedonisti. Questi ultimi chiamarono "melchiti" i fedeli dell'altra parte, che conservavano, nelle questioni cristologiche, la fede calcedonese dell'imperatore bizantino (Basileus = Malek).
Oggi, nell'uso comune, il termine «melchita» è attribuito ai soli cattolici di rito bizantino e di lingua araba, dovunque risiedano.
La liturgia in uso presso i melchiti segue il rito bizantino, caratteristico della maggior parte dei cristiani orientali. Esso fu codificato e sistematizzato da San Giovanni Crisostomo ed è rimasto pressoché invariato dai secoli VI-VII secolo.
I melchiti si distinguono da altri cristiani d'Oriente poiché usano come lingua liturgica, oltre ed accanto al greco[1], anche l'arabo. Fino al XVII secolo era usato nella liturgia anche il siriaco.
In Occidente, i Melchiti sono detti "Cattolici greco-melchiti", in Medio oriente sono chiamati, in greco, "Rūm Katūlīk" e in arabo, "Rūmī Kathūlīkī"; espressioni traducibili come "Cattolici romei". In questo caso, "romei", sta per "costantinopolitani", in quanto dopo la caduta dell'Impero romano d'occidente, Costantinopoli fu detta la "nuova Roma".
Oggi la maggioranza dei melchiti è diffusa tra Siria e Libano e, in quest'ultimo, rappresentano la seconda comunità cristiana dopo i maroniti.
Nel V secolo, il Concilio di Calcedonia decretò la cosiddetta dottrina "cristologica": Gesù unigenito Figlio di Dio, Gesù è veramente Dio e veramente uomo. Marciano, imperatore di Costantinopoli, pose i decreti del Concilio come legge dello Stato. Coloro che accettarono le decisioni del Concilio furono, pertanto, detti "uomini del re" o "melchiti".
Nel VII secolo, il Medio oriente fu occupato dai musulmani. Successivamente l'Impero bizantino riconquistò queste terre, che furono sottoposte all'autorità del Patriarcato di Costantinopoli, ma i Melchiti non cessarono di tenere contatti con il patriarca d'Occidente, il Papa. Fino al XII secolo questi rapporti, pur senza essere interrotti, furono resi, però, molto più difficili per le prepotenze perpetrate dai Crociati.
Per due secoli dal 1516, data della conquista ottomana, i Melchiti furono nuovamente sottoposti all'autorità del patriarcato di Costantinopoli. Siccome i patriarchi di Antiochia erano scelti dal clero melchita, questi continuarono, pur sotto il controllo ortodosso, a mantenere contatti con Roma, anche se parte del clero preferì parteggiare per Costantinopoli.
Nel XVII secolo, le missioni cattoliche in Medio oriente aiutarono il clero melchita a perfezionare la propria formazione ed incrementarono i rapporti tra latini e melchiti. Nel 1709, Cirillo V, patriarca di Antiochia, riaffermò l'autorità del Papa sulla Chiesa melchita. La Chiesa melchita, però, si divise tra chi vedeva nella Chiesa occidentale un'occasione di salvezza e chi considerava i missionari latini incapaci di comprendere la tradizione orientale. Nel 1724 la Chiesa melchita si divise, perciò, in due rami, uno sotto l'influenza di Costantinopoli, detti "Ortodossi antiocheni", gli altri "Melchiti cattolici", che dichiararono formalmente l'unione con Roma nello stesso 1724.
Gregorios II, patriarca di Antiochia, si impegnò a mantenere il rito orientale e influenzò il decreto di papa Leone XIII "Orientalium Dignitas". Durante il Concilio Vaticano II, Massimo IV, patriarca di Antiochia, contribuì all'apertura del dialogo con la Chiesa ortodossa. Oggi, i Melchiti cattolici sono una piccola chiesa cattolica, presente non solo in Medio oriente, ma, dopo l'emigrazione, dovuta ai problemi economici ed alle persecuzioni islamiche, anche in nazioni come il Canada, gli Stati Uniti d'America, il Brasile, l'Australia.
Chiesa cattolica maronita
La Chiesa maronita è una chiesa cattolica sui iuris, perché, nell'ambito della Chiesa cattolica, mantiene riti e liturgia derivanti dalla tradizione siro-antiochena. È l'unica Chiesa d'Oriente rimasta sempre fedele alla Sede Apostolica. Il patriarca viene eletto dal Sinodo dei vescovi e soltanto dopo l'elezione fa professione di comunione con il pontefice romano.
La Chiesa maronita prende il nome dal suo fondatore, san Marone († 410), un asceta siriano amico di San Giovanni Crisostomo che la istituì nel IV secolo. Dopo la sua morte, nel 452 i suoi discepoli costituirono un monastero nei pressi del suo sepolcro, ad Apamea, sulle rive del fiume Oronte. Fin dalle origini la comunità maronita seguì il Patriarca di Antiochia. Quando la regione divenne a maggioranza monofisita (V-VI secolo), la comunità dovette trasferirsi in una regione più interna del Libano.
Nel VII secolo la comunità maronita fu rifondata e organizzata da un santo monaco, l'abate del monastero di Brad, in Siria. Giovanni Marone fu il primo maronita a ricoprire la dignità episcopale; l’ordinazione avvenne nel 676 e in seguito - nel 685 - fu eletto Patriarca di Antiochia. Fu il primo maronita a ricoprire questo incarico. Per sfuggire a una persecuzione, decise di lasciare la Siria e dirigersi verso il Libano. Si stabilì a Kfarhy, dove fece costruire un nuovo monastero nel quale depositò la reliquia più preziosa per i maroniti: il cranio di San Marone. Da esso deriva il nome del monastero: Monastero di Ras Marun (cranio di Marone). Da quell'epoca il monastero è la sede patriarcale maronita.
Dopo il 685 la Chiesa di Antiochia si divise tra calcedonesi e non calcedonesi, che divennero la maggioranza. La comunità maronita scelse di rimanere calcedonese e non si riconobbe più nel Patriarca Teofane. Iniziò un periodo di autonomia: i monasteri diventarono sedi vescovili.
All'epoca delle Crociate la Chiesa maronita riallacciò i rapporti con la Chiesa di Roma, da cui non si era mai formalmente separata. L'unione venne suggellata alcuni secoli dopo, nel 1584, con la fondazione, durante il pontificato di Gregorio XIII, del Collegio maroniano di Roma. I maroniti furono protetti anche dalla Francia, durante il dominio ottomano del Vicino oriente.
Fino al XVIII secolo il patriarcato maronita era solo formalmente suddiviso in eparchie: di fatto i vescovi erano tutti considerati come ausiliari del patriarca, l'unica vera guida della nazione maronita. In più occasioni Propaganda Fide era intervenuta per ordinare la suddivisione canonica del patriarcato, ma i suoi decreti erano rimasti lettera morta.
Il sinodo del Monte Libano del 1736 istituì canonicamente le eparchie in numero di 8, oltre la sede patriarcale, definendone per ciascuna le giurisdizioni territoriali: Aleppo, Beirut, Jbeil (Byblos) unita a Batrun (Botrys), Cipro, Damasco, Baalbek (Heliopolis), Tripoli e Tiro-Sidone. La Santa Sede approvò le decisioni del sinodo con la bolla Apostolica praedecessorum di papa Benedetto XIV del 14 febbraio 1742. Questa suddivisione è rimasta fino agli inizi del XX secolo, quando fu creato il vicariato patriarcale d'Egitto (1904; oggi eparchia del Cairo) e furono distinte le sedi di Tiro e di Sidone (1906).
Quando il Libano ottenne l'indipendenza, nel 1943, i poteri del nuovo stato furono ripartiti fra le principali comunità religiose. I maroniti, che costituivano la maggioranza relativa della popolazione, ebbero la presidenza della repubblica, carica che hanno continuato a detenere fino ad oggi.
Chiesa armeno-cattolica
La Chiesa armeno-cattolica è una Chiesa cattolica patriarcale sui iuris nata nel 1742 dalla Chiesa nazionale armena. Fu riconosciuta da papa Benedetto XIV (1740-58).
È presente con comunità in Libano, Iran, Iraq, Egitto, Siria, Turchia, Israele, Palestina ed in altre realtà della diaspora armena nel mondo. Il numero dei fedeli è stimato in 540.000 (2008).
La sede della Chiesa armeno-cattolica è a Bzoummar, in Libano. Il primate della Chiesa armeno-cattolica è il patriarca di Cilicia che ha sede a Beirut.
Nel corso della loro storia gli armeni si erano diffusi in tutto il mondo medio-orientale e nell'est europeo. Si trovano comunità armene nell'impero russo, in quello austro-ungarico, nell'impero ottomano e persino in Persia. Dal punto di vista religioso, i cristiani armeni sottostavano a quattro giurisdizioni ecclesiastiche distinte fra loro e spesso in lotta: il catolicosato d'Armenia e di tutti gli Armeni (VI secolo), il catolicosato della Grande Casa di Cilicia (1292), il patriarcato armeno di Gerusalemme (1311) ed il patriarcato armeno di Costantinopoli (1461).
In seno alla comunità cristiana armena, soprattutto a partire dal XVII secolo e grazie all'opera di missionari latini, si formano gruppi di cristiani armeni cattolici, cioè uniti con Roma (da cui il termine uniati).[1] Si tratta di piccoli gruppi, oppure di intere comunità locali trascinate all'uniatismo dal loro vescovo, oppure di monasteri che entrano in comunione con la Santa Sede. Così, per esempio, a Leopoli, nel 1630 fu eretta un arcivescovado armeno unito; a Venezia, nel 1700, viene fondata la Congregazione Mechitarista ed in Libano, all'inizio del Seicento, l'ordine antoniano armeno, entrambi uniti a Roma fin dalla fondazione. Comunità armeno-cattoliche si trovano a Costantinopoli, Aleppo, Mardin, Ispahan in Persia, in Crimea ed in Transilvania. Dal punto di vista religioso, questa comunità, sparsa su un territorio immenso che andava dall'Italia alla Persia, non aveva un suo responsabile unico: le singole comunità dipendevano spesso da un vicario apostolico o erano assoggettate al vescovo latino più vicino o dipendevano da delegati apostolici. Di fatto perciò il cattolicesimo armeno esisteva senza una Chiesa armeno-cattolica costituita.
La maggior parte degli armeni cattolici si trovavano all'interno dei confini dell'impero ottomano: qui la situazione era ancora più complessa, perché alla mancanza di un'indipendenza religiosa si univa l'assenza di un riconoscimento civile da parte delle autorità turche. Infatti, alle varie nazionalità di fede diversa da quella mussulmana (chiamate millet), che sussistevano nei territori dell'impero, era garantito un trattamento speciale, ognuna con un suo capo civile, che corrispondeva al capo religioso residente nella capitale Costantinopoli. Così tutti i fedeli greco-ortodossi, che fossero serbi, albanesi, bulgari oppure greco-ortodossi di lingua araba dei patriarcati di Antiochia, Gerusalemme ed Alessandria, dipendevano dal patriarca di Costantinopoli per ciò che riguardava gli affari civili: essi costituivano tutti il rum milleti ossia la nazione dei Greci. Il governo turco non teneva in conto la differenza fra ortodossi e cattolici, per cui al rum milleti appartenevano anche i greco-cattolici, che perciò per gli affari civili (diritto di possedere, matrimoni, lasciti e testamenti, tribunali, ecc.) dipendevano dal patriarca ecumenico della capitale.
La stessa legislazione si applicava alla nazione degli Armeni. Nel 1461 fu istituito il patriarcato armeno di Costantinopoli, il cui patriarca era riconosciuto dal governo turco come capo civile di tutti gli armeni dell'impero. I cattolici armeni dunque, non solo non avevano una loro Chiesa autonoma e formalmente costituita, ma dal punto di vista civile dipendevano da quegli stessi connazionali da cui si erano separati, non sempre in modo amichevole. Per cui alla lotta per l'indipendenza e l'autonomia ecclesiastica si unirà, nel Settecento e soprattutto nell'Ottocento, la battaglia per l'emancipazione civile ed il riconoscimento legale della Chiesa armeno-cattolica. L'autonomia religiosa poteva essere garantita solo con l'istituzione di un patriarcato proprio, al quale avrebbe dovuto essere riconosciuta autorità civile su tutti gli armeno-cattolici dell'impero.
Un primo tentativo di eleggere un patriarca per gli armeno-cattolici fu fatto nel 1714, quando a Costantinopoli un'assemblea di prelati e notabili armeno-cattolici designò il vescovo di Mardin, Melkon Tazbazian. La cosa fu denunciata alle autorità turche dagli armeni ortodossi: l'assemblea fu sciolta e molti furono arrestati, tra cui lo stesso Tazbazian ed il vescovo di Aleppo, Abraham Ardzivian.
Miglior sorte ebbe il secondo tentativo. Nel 1737 era morto il patriarca di Sis, e gli armeno-cattolici tentarono di occuparne la sede con un patriarca cattolico. Non riuscirono nell'intento, ma fu comunque eletto patriarca, il 26 novembre 1740, Abraham Ardzivian, rientrato ad Aleppo dopo sette anni di prigionia e vent'anni di esilio volontario nel monastero di Kreim, lontano dalla sua diocesi, che governò tramite il suo vicario Hagop Hovsepian. L'elezione del patriarca cattolico questa volta non poté essere ostacolata dal governo ottomano, impegnato in questi anni dalla rivolta del pascià d'Egitto, che coinvolse anche il Libano. E fu proprio in Libano che Abraham Ardzivian pose la sua residenza, nel monastero di Kreim. Nel 1742 il nuovo patriarca ricevette da papa Benedetto XIV il riconoscimento della sua elezione ed il pallio, con l'incarico di unire, sotto la sua autorità patriarcale, tutti gli armeni cattolici.
Dal punto di vista ecclesiastico, i patriarchi armeno-cattolici avevano la responsabilità solamente degli armeni uniati che abitavano in Cilicia, in Palestina, in Mesopotamia ed in Egitto, mentre quelli che abitavano nel resto dell'Anatolia e nei territori europei dell'impero turco furono subordinati, dalla metà circa del XVIII secolo, al vicario apostolico latino di Costantinopoli.
Nel 1827, con lo scoppio della guerra per l'indipendenza della Grecia, gli armeno-cattolici di Costantinopoli furono denunciati come sostenitori della causa greca. Il governo turco reagì con veemenza contro gli armeni con arresti, deportazioni, espulsioni. La dura persecuzione non lasciò indifferente la comunità internazionale. Papa Leone XII ottenne dai governi francese ed austriaco un loro diretto intervento (1830), che portò ad un duplice risultato: la fine delle misure repressive ed il riconoscimento legale della Chiesa armeno-cattolica. In questa occasione la Santa Sede eresse una arcidiocesi primaziale armeno-cattolica a Costantinopoli: e fu al titolare di questa sede che il governo turco riconobbe autorità civile su tutti gli armeno-cattolici dell'impero.[2] Si venne così a costituire, per la Chiesa armeno-cattolica dell'impero, quello che già esisteva per la Chiesa sorella: ossia l'esistenza di un duplice centro di potere, quello religioso a Bzommar in Libano (dove i patriarchi avevano posto la loro sede), e quello civile a Costantinopoli.[3]. Questa dicotomia fu risolta nel 1866 quando l'arcivescovo primaziale della capitale, Antonio Hassun, fu eletto patriarca di Cilicia degli Armeni: questi trasferì la sede del patriarcato a Costantinopoli, unendo così nella sua persona i due poteri.
Nella seconda metà del XIX secolo si venne a creare una situazione di tensione tra la Chiesa armeno-cattolica e la Santa Sede, che causò uno scisma in seno al Patriarcato armeno. La questione toccava alcuni antichissimi diritti della Chiesa armena (propri di tutte le chiese di rito orientale) circa l'elezione dei patriarchi e dei vescovi, in cui larga parte avevano i laici, il clero ed i monaci. A questi infatti spettava il compito di redigere una lista di nomi, da cui il patriarca ed il sinodo dei vescovi sceglievano il nuovo candidato ad una sede episcopale. Alla Santa Sede invece interessava eliminare l'influenza dei laici e del basso clero nell'elezione dei vescovi e soprattutto avere l'ultima parola nelle nomine episcopali e patriarcali. La tensione aumentò quando Roma pubblicò la lettera apostolica Reversurus (12 luglio 1867): in essa Roma decise che il patriarca, eletto dai soli vescovi del Patriarcato, entrava in carica solo con la conferma dell'elezione da parte del papa; inoltre, circa l'elezione dei vescovi, il patriarca assieme ai vescovi avrebbe formulato una terna di nomi, da cui la Santa Sede avrebbe scelto il vescovo. Visti lesi i propri antichi diritti e le antiche tradizioni, quattro vescovi non riconobbero la Reversurus e formarono così uno scisma nella Chiesa armeno-cattolica, che rientrò definitivamente nel 1880 quando l'ultimo scismatico si riconciliò con Roma.
All'inizio del XX secolo gli armeno-cattolici dell'impero ottomano subirono la medesima sorte della nazione armena con il genocidio perpetrato dall'esercito turco. Incerte le cifre del massacro e della distruzione: 156 chiese, 32 conventi, 148 scuole e 6 seminari distrutti, 270 religiose e 300 preti uccisi. Nel 1928 un sinodo di vescovi armeni operò per la ricostruzione della Chiesa. Miglior sorte ebbero le comunità armeno-cattoliche di Leopoli, della Romania e della Russia, che furono però anch'esse travolte, dopo il 1922, dalla politica religiosa dell'Unione sovietica.
Chiesa cattolica copta
La Chiesa cattolica copta è una delle chiese cattoliche orientali, separatisi dalla Chiesa copta ortodossa ed in comunione con la Chiesa di Roma.
La formazione di comunità cattoliche copte in Egitto nasce dall'opera di predicazione svolta prima dai Francescani minori, quindi dai Francescani cappuccini, che nel 1630 fondarono una missione al Cairo, seguiti nel 1675 dai Gesuiti.
Nel 1741 un vescovo copto di Gerusalemme, Amba Athanasius, si convertì al Cattolicesimo. Papa Benedetto XIV lo nominò vicario apostolico della piccola comunità (circa 2.000 persone) che l'aveva seguito nella sua conversione. Sebbene Athanasius in seguito avesse fatto ritorno alla Chiesa copta ortodossa, una linea di vicari apostolici cattolici continuò dopo di lui.
Nel 1824 la Santa Sede creò un patriarcato per i cattolici copti, che però esisteva soltanto sulla carta. Le autorità ottomane permisero ai cattolici copti di costruire chiese proprie a partire dal 1829.
Dopo una lunga serie di Vicari apostolici, il 15 marzo 1895 papa Leone XIII elesse alla carica di vicario apostolico il sacerdote Giorgio Makarios, che prese il nome di Cirillo, con il titolo di vescovo di Cesarea di Filippo. Appena eletto, Makarios guidò a Roma un pellegrinaggio di fedeli copti cattolici che richiesero, alla Sede apostolica, di ristabilire il loro Patriarcato. Papa Leone XIII acconsentì e con la lettera apostolica "Christi Domini" del 26 novembre 1895, ristabilì il Patriarcato cattolico copto di Alessandria.
Oltre alla eparchia patriarcale con residenza al Cairo, il patriarcato aveva allora due eparchie suffraganee: Hermopoli Maggiore, con residenza a Minya (250 km a sud del Cairo) e Tebe con residenza prima a Tahta, ora a Sohag (nell'Alto Egitto). Il numero dei copti cattolici, che allora era di circa 5.000 anime, cominciò a crescere rapidamente tanto che nel 1907 raggiunse le 14.576 anime e nel 1959 toccò quota 80.580. Per dare una disciplina al nuovo Patriarcato, fu celebrato nel 1898 al Cairo un Sinodo, che fu poi riveduto ed approvato a Roma.
Il Vescovo Cirillo Makarios fu promosso primo Patriarca nel Concistoro del 19 giugno 1899. Dopo alcuni anni di fruttuoso apostolato ebbe delle difficoltà e nel 1908 diede le dimissioni. Superato un periodo di transizione, il Patriarcato rimase vacante e fu perciò retto da un Amministratore apostolico fino al 10 agosto 1947, quando fu elevato alla dignità patriarcale Marco II Khouzam; durante questo periodo fu eretta la Diocesi di Licopoli con sede ad Assiut.
I copti cattolici seguono la liturgia copta (detta anche «alessandrina»). Hanno, quindi, pratiche liturgiche e regole sostanzialmente simili a quelle della Chiesa copta e differiscono da essa solo per la teologia "cristologica" e per il ruolo che attribuiscono al Vescovo di Roma. Ad esempio, nella Chiesa cattolica copta possono accedere al sacerdozio, ma non all'episcopato, anche uomini sposati e, quindi, non solo i celibi come nella Chiesa cattolica latina.
I copti cattolici si trovano esclusivamente in Egitto e nel Sudan. Il clero viene formato presso il Seminario Maggiore Patriarcale Copto-Cattolico "San Leone Magno" nel quartiere Maadi di Il Cairo. Pochissimi gli emigrati in altri Paesi.
Chiesa cattolica siriaca
La Chiesa cattolica sira è una patriarcale Chiesa sui iuris in comunione con la Chiesa cattolica. È la Chiesa degli ortodossi siriaci che si sono riuniti con Roma a partire dal 1783, conservando la loro lingua, il loro rito (siriaco-occidentale) e la loro legislazione ecclesiastica.
La Chiesa ha una propria gerarchia, sotto l'autorità di un patriarca, che porta il titolo di Patriarca di Antiochia dei Siri. Dal 20 gennaio 2009 il nuovo Patriarca è Mar Ephrem Joseph Younan (già vescovo della diocesi di «Nostra Signora della Liberazione per gli Stati Uniti ed il Canada»), che ha assunto il nome di Mar Ignatius Joseph III Younan. La sede è a Beirut (Libano), ma la maggior parte dei fedeli vivono in Iraq (42.000) e Siria (26.000), mentre 55.000 vivono nella diaspora.
Il titolo di patriarca di Antiochia è molto disputato ed è portato, oltre che dal Patriarca siro-cattolico, da altri quattro altri capi di Chiese cristiane.
A partire dal XVII secolo l'opera congiunta dei missionari gesuiti e cappuccini aveva portato diversi singoli e gruppi giacobiti ad aderire alla Chiesa cattolica. Nel 1662 la comunità sira di Aleppo, che aveva aderito in massa al cattolicesimo, elesse come patriarca il proprio vescovo Ignazio Andrea Akhidjan (1662-1677); con la mediazione del console francese, egli ottenne dal governo turco il riconoscimento a capo della nazione (millet) siriana. Il suo successore, anch'egli in comunione con Roma, Ignazio Pietro VI Chaahbadine (1677-1702), sub' diverse persecuzioni ad opera degli avversari e fu infine espulso dal govern turco, perché accusato di essere al soldo della Francia.
L'esigua comunità siro-cattolica (nel 1768 si contavano in tutto 200 famiglie uniati) rimase così senza capo fino al 1783, quando fu eletto patriarca, unito a Roma, Ignazio Michele III Jarweh (1783-1800), la cui elezione però non fu riconosciuta dalla maggior parte della Chiesa giacobita e dal governo turco. Fu eletto un nuovo patriarca ortodosso e Jarweh dovette rifugiarsi nel monastero di Scharfeh in Libano. Tuttavia fu riconosciuto da Roma come patriarca dei siro-cattolici con il titolo di Patriarca di Antiochia (mentre i due precedenti avevano quello di Aleppo).
Nella prima metà del XIX secolo lo sviluppo della Chiesa siro-cattolica fu ostacolata da dissidi interni fra opposte fazioni ecclesiastiche. Grande impulso all'organizzazione della Chiesa fu dato dal patriarca Ignazio Pietro VII (1820-1851); egli trasferì la sua sede ad Aleppo e trasformò il monastero di Scharfeh in seminario patriarcale per la formazione del clero. Durante il suo pontificato diversi vescovi giacobiti ritornarono all'unione con Roma.
Nel monastero di Cherfé, tra dicembre 1853 e gennaio 1854, si svolse il primo sinodo della Chiesa cattolica sira, sotto la presidenza del delegato apostolico, Benoit Planchet.
Nel 1859 il patriarcato siro-cattolico annoverava 10 diocesi ed un totale di circa 30.000 fedeli.[1] Nel 1898 si registrano questi dati statistici: 9 diocesi, 22.700 fedeli, 24 parrocchie, 42 chiese o cappelle ed 81 preti.
Chiesa cattolica etiope
La Chiesa cattolica etiope è una chiesa sui iuris nell'ambito della Chiesa cattolica.
Adotta il rito etiope, una delle due varianti del rito alessandrino (l'altra è il rito copto). È diffusa in Etiopia ed Eritrea. Costituisce la "controparte" cattolica della Chiesa ortodossa etiopica, che la considera scismatica. I cattolici etiopi, aderendo al credo cattolico, a loro volta considerano la Chiesa ortodossa etiopica scismatica, sia rispetto alle Chiese ortodosse calcedonesi sia rispetto alla Chiesa cattolica. In comune con gli ortodossi etiopi mantiene la medesima Divina Liturgia e le medesime tradizioni, mentre ne differisce al riguardo alla cristologia e ai sacramenti.
Le differenze sono a volte minori a volte sostanziali. Fra le meno importanti, l'inclusione nella Divina Liturgia di preghiere per il Papa, per sottolineare la piena comunione con la Santa Sede. Fra le più rilevanti, il mantenimento di un canone di scrittura ortodosso e l'adozione di una teologia ortodossa, che rifiuta il monofisismo. I bambini non sono ordinati diaconi, come invece è prassi comune fra gli ortodossi etiopi, e il clero indossa per lo più la talare e il collare.
Le scoperte portoghesi alla fine del XV secolo aprirono la strada per un contatto diretto tra la Chiesa cattolica e la Chiesa d'Etiopia. Soprattutto a causa del comportamento del portoghese Alfonso Mendez, che papa Urbano VIII elesse patriarca d'Etiopia nel 1622 e che fu espulso dal paese nel 1636, questi contatti, che sembravano destinati al successo, portarono invece alla completa chiusura dell'Etiopia ad ulteriori contatti con i cattolici.
Nel 1839, san arrivò nel paese in qualità di prefetto apostolico d'Etiopia, incaricato cioè di una giurisdizione di rito latino. Preferì invece adottare il rito liturgico etiope. Molti sacerdoti etiopi furono attratti dalla sua santità e dai suoi insegnamenti, e costituirono il primo nucleo di quella che nel 1930 divenne la Chiesa cattolica etiope, quando, a seguito di una continua crescita, fu istituito un ordinariato per i fedeli di rito etiope in Eritrea, affidato ad un vescovo eritreo. L'Eritrea, una colonia italiana dal 1894, aveva già una giurisdizione ecclesiastica separata, al cui vertice era un vescovo italiano per i cattolici di rito latino, che erano in massima parte italiani.
Il rito latino prese piede anche nell'Etiopia meridionale, in regioni che non erano cristiane e che erano state annesse all'Etiopia odierna non prima della fine del XIX secolo. La conquista italiana dell'Etiopia nel 1936 diede incremento al numero delle giurisdizioni di rito latino, ma l'espulsione di missionari stranieri al termine della Seconda guerra mondiale comportò che il clero di rito etiope assumesse la responsabilità di vaste regioni del paese. Conseguentemente, nel 1951, fu istituito un esarcato apostolico di rito etiope ad Addis Abeba, e l'ordinariato per l'Eritrea fu elevato al rango di esarcato. Dieci anni dopo, il 9 aprile 1961, fu istituita una metropolia etiope, con Addis Abeba come sede metropolitana e Asmara (in Eritrea) e Adigrat (in Etiopia) come eparchie suffraganee.
Nel 1995, due nuove eparchie, quelle di Barentù e di Cheren, sono state erette in Eritrea ed è stato soppresso il vicariato apostolico di rito latino. L'Eritrea è quindi diventata l'unico paese dove tutti i cattolici, quale che sia il loro rito, sono soggetti ad una giurisdizione ecclesiastica orientale. Nel 2003, fu eretta un'altra eparchia a Emdeber nell'Etiopia meridionale, risultandone che la Chiesa cattolica etiope consiste ora di sei sedi, tre in Etiopia e tre in Eritrea.
La lingua Ge'ez, una lingua semitica caduta in disuso da secoli, è la lingua liturgica di questa Chiesa.
L'Ebraismo messianico
L'ebraismo messianico è un movimento religioso i cui membri riconoscono in Gesù di Nazaret il messia risorto e il divino salvatore. Nel 1993 c'erano 160.000 aderenti negli Stati Uniti d'America e più di 350.000 nel mondo. Nel 2003 c'erano 150 sinagoghe messianiche negli USA e più di 400 nel mondo. Nel 2008 il numero dei messianici è arrivato a 250.000 negli USA, mentre in Israele se ne contano tra i 6.000 e i 15.000. Gli ebrei messianici si considerano ebrei ma le altre correnti giudaiche li escludono come israeliti a causa del loro credo cristiano. Il movimento è nato nel 1800 in Inghilterra e si è diffuso rapidamente in Europa e Stati Uniti. Nel 1970 viene riformato da Martin Chernoff, diventando quello che è adesso. C'è una presenza in Israele seppur ridotta numericamente di circa 1000 membri della Chiesa Cristiana Avventista del Settimo Giorno che ha buone relazioni con il mondo Ebraico messianico.
Esiste una Jewish-Adventist Friendship, con tanto di 29 sinagoghe avventiste composte sia da rabbini di congregazioni ebraico-messianiche che da pastori avventisti che celebrano in comune le funzioni religiose ed altrettante 77 comunità negli Stati Uniti.
I messianici sono in linea con il Cristianesimo per la visione trinitaria di Dio e la credenza che Gesù (in ebraico Yeshua) sia il verbo incarnato. Alcune frange tendono a rifiutare la visione trinitaria, ma sono escluse dal movimento ufficiale come i Testimoni di Geova dal Cristianesimo. Nonostante rispettino integralmente la legge mosaica, gli ebrei messianici sono duramente osteggiati dagli altri ebrei. Ultimamente in Israele sono stati anche oggetto di persecuzione e discriminazione; perché visti come cristiani che subdolamente tentano di assimilare gli israeliti ai gentili, a loro è negata la cittadinanza ebraica della legge del ritorno perché visti come convertiti, allontanatisi dal Giudaismo.
Ebrei per Gesù (Jews for Jesus) è un'organizzazione cristiana evangelizzatrice statunitense dedicata principalmente alla conversione degli Ebrei al Cristianesimo. Hebraic Roots Network, fondata nell'agosto del 2011, è la prima televisione messianica in lingua inglese.
Chiesa ortodossa rumena
La Chiesa ortodossa rumena è una chiesa ortodossa autocefala. Ne fanno parte la maggior parte dei rumeni (18.817.975, o l'86,8% della popolazione, secondo il censimento del 2002). Tra tutte le chiese ortodosse quella rumena è seconda solo alla Chiesa ortodossa russa per numero di fedeli.
Dal 12 settembre 2007 il Patriarca della chiesa ortodossa rumena è Daniel Ciobotea che succede in questa funzione a Teoctist Arăpaşu, morto il 30 luglio 2007, dopo 20 anni di patriarcato. Daniel è il sesto patriarca ortodosso rumeno.
Nel 1859, i principati rumeni di Moldavia e Valacchia si unirono per formare l'odierna Romania. La gerarchia ecclesiastica ortodossa seguì i due stati nel loro processo di fusione. Di conseguenza poco dopo, nel 1872, le chiese ortodosse dei due principati (la Metropolia di Ungrovlahia e la Metropolia di Moldavia) decisero di unirsi per formare la Chiesa ortodossa rumena. In questo processo si separarono canonicamente dalla giurisdizione del Patriarcato di Constantinopoli e la Chiesa ortodossa rumena si dichiarò autocefala. Nello stesso anno fu costituito un sinodo separato.
Il Patriarcato di Constantinopoli riconobbe l'autocefalia della Chiesa ortodossa rumena solo nel 1885. Prima organizzata in Metropolie, la Chiesa divenne un Patriarcato nel 1925, con l'espansione conseguente alla creazione della Grande Romania.
Il governo comunista, con la Legge dei culti del 1948 introdusse uno stretto controllo statale sulla Chiesa. I monasteri furono trasformati in laboratori artigianali ed i monaci furono incoraggiati a dedicarsi a lavori laici.
I vertici della gerarchia ecclesiastica mantennero buone relazioni con il regime comunista, ma furono molti i membri del clero a dissentire: fino al 1963 oltre 2.500 tra sacerdoti e monaci furono arrestati ed ulteriori 2.000 monaci furono obbligati ad abbandonare la vita monastica.
Oltre ai dissidenti che venivano condannati a detenzioni piuttosto lunghe, vi furono anche molti preti che collaborarono e fecero gli informatori per la Securitate, la polizia segreta. Nel 2001, la Chiesa tentò invano di modificare la legge che rendeva di pubblico dominio gli archivi della Securitate, per impedire il pubblico accesso ai dati sugli ecclesiastici che collaborarono con il regime.
Fu solo dopo la rivoluzione rumena del 1989, e l'avvento della democrazia nel paese che la Chiesa fu svincolata dal controllo statale, sebbene lo stato continui a finanziare il clero attraverso la corresponsione degli stipendi.
Chiesa greco-ortodossa
Il termine chiesa greco-ortodossa può riferirsi a una delle molte comunità cristiane all'interno del gruppo delle chiese ortodosse d'oriente. Qualsiasi chiesa ortodossa orientale che sia di espressione greca o utilizzi una liturgia greca può essere considerata "greco-ortodossa".
Tra queste ci sono:
Chiesa ortodossa di Costantinopoli, guidata dal patriarca ecumenico di Costantinopoli, che è anche il "primo tra eguali" (primus inter pares) della Comunità ortodossa orientale. Dal 1453 (anno della conquista turca) tutti i patriarchi di Costantinopoli sono di origine greca
Chiesa ortodossa di Alessandria
Chiesa ortodossa di Antiochia
Chiesa ortodossa di Cipro
Chiesa ortodossa di Gerusalemme
Chiesa ortodossa greca
Anche le chiese greco-ortodosse nelle Americhe e in Australia sono soggette alla gerarchia constantinopolitana, ma non vanno confuse con la chiesa ortodossa americana di rito slavo, che è una delle 15 chiese ortodosse orientali autocefale, status ottenuto dal patriarca di Mosca nel 1970. Tale condizione non è però riconosciuta dal patriarca ecumenico e neppure da alcune delle altre chiese autocefale
Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme
La Chiesa ortodossa di Gerusalemme fa parte della chiesa greco-ortodossa, che riconosce al patriarca ecumenico di Costantinopoli il titolo di "primo tra pari" (primus inter pares).
Alla Chiesa ortodossa di Gerusalemme spetta il titolo di Chiesa madre delle Chiese cristiane di Gerusalemme. L'attuale Patriarca, infatti, è il 140º successore di Giacomo il Giusto, il primo vescovo di Gerusalemme di cui si parla negli Atti degli Apostoli. Dunque è lui il successore diretto nella linea apostolica.
La Chiesa di Gerusalemme, pur essendo la culla della cristianità, nei primi secoli non aveva goduto di particolari distinzioni, e fino al V secolo era rimasta una semplice sede suffraganea dipendente dal patriarcato di Antiochia.
Fu il vescovo Giovenale, che nel concilio di Calcedonia del 451 chiese ed ottenne che Gerusalemme fosse separata da Antiochia e dichiarata patriarcato indipendente. In questo modo l’intera provincia di Syria Pelaestina, con 58 sedi vescovili, venne a far parte del nuovo patriarcato, che, nell’ordine delle gerarchie, occupava il quinto posto, dopo Roma, Costantinopoli, Alessandria ed Antiochia. Nei secoli successivi la Chiesa di Gerusalemme godette di un particolare splendore, furono costruite chiese e basiliche, e la sua terra fu meta di pellegrini ed eremiti.
Con l’invasione dei Persiani del 614 e con quella degli Arabi del 636, la Chiesa di Gerusalemme vide aprirsi un’epoca di rovina e persecuzione. Il patriarca Zaccaria fu deportato in Persia, molti cristiani furono uccisi o fuggirono, e per anni la sede patriarcale fu vacante.
Nel 1099 Gerusalemme fu liberata dai crociati e per tutto il tempo della durata del regno latino i cristiani godettero delle più ampie libertà. Il patriarcato dovette però subire la latinizzazione della sua chiesa: i crociati infatti instaurarono un patriarca latino che soppiantò quello greco, il quale dovette fuggire a Costantinopoli. Caduta Gerusalemme nel 1187 in mano agli arabi, il patriarca fece ritorno sulla sua sede, ma da questo momento le sorti della Chiesa palestinese saranno sempre più legate a quella di Bisanzio.
Nel 1517 la Palestina cadde in mano ai Turchi ottomani: da allora in avanti il patriarcato di Gerusalemme cessò di essere una Chiesa autonoma e per quattro secoli fu completamente sottomesso alla gerarchia greca di Costantinopoli. Segno di questa trasformazione fu l’instaurazione di una gerarchia greca che soppiantò quella araba locale: i patriarchi e gli altri metropoliti furono da questo momento greci.
All’inizio del XX secolo, in concomitanza con la fine del dominio turco e la nascita del protettorato inglese, il confronto fra gerarchia greca e il clero e i fedeli arabi degenerò in aspre dispute e in alcuni casi in lotta aperta.
La Chiesa greco-ortodossa in Terrasanta conta circa 65 000 fedeli (40 000 in Israele e 25 000 nei Territori palestinesi, compresa Gerusalemme Est), distribuiti in un patriarcato e tre sedi arcieparchiali e nessuna sede suffraganea:
Patriarcato ortodosso di Gerusalemme, da cui dipendono:
Arciepachia ortodossa di Gerusalemme
Arciepachia ortodossa di Nazareth
Arciepachia ortodossa di Tolemaide (con sede ad Akko)
Il patriarca è rappresentato in Giordania da due vicari patriarcali ad Amman e ad Irbet. In comunione con la chiesa di Gerusalemme è il monastero di Santa Caterina sul monte Sinai: spetta infatti al patriarca di Gerusalemme consacrare il nuovo abate.
Importanti sono pure i monasteri: nel patriarcato se ne contano cinque fuori Gerusalemme e più di venti nella città santa.
Chiesa russa ortodossa
La Chiesa ortodossa russa, o Patriarcato di Mosca, è una Chiesa ortodossa autocefala, guidata dal Patriarca di Mosca e di tutte le Russie e in piena comunione con le altre Chiese ortodosse. Occupa il quinto posto nel dittico ortodosso, dopo il Patriarcato di Costantinopoli, il Patriarcato greco-ortodosso di Alessandria, la Chiesa greco-ortodossa di Antiochia e la Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme.
La Chiesa russa fa risalire la sua origine al battesimo del principe Vladimir I di Kiev nel 988 (Vedi Conversione al Cristianesimo della Rus' di Kiev) e conta 150 milioni di fedeli.
Il Manoscritto Nestoriano riferisce che nel 987, dopo una consultazione con i boiardi, Vladimir inviò dei messi nelle nazioni confinanti, i cui rappresentanti lo avevano invitato ad abbracciare le rispettive fedi, al fine di valutare quale fosse la religione migliore per il proprio regno. Il risultato è descritto nella seguente legenda apocrifa. Gli inviati riferirono che tra i musulmani della Bulgaria del Volga non c'era letizia ma solo tristezza e una grande puzza e che la loro religione era da evitare a causa dei suoi divieti contro il consumo d'alcool e di carne di maiale; a questi Vladimir aveva allora risposto "Bere è la gioia della Rus'".
Le fonti russe descrivono anche l'incontro del Principe con gli inviati ebraici (che potevano essere Cazari). Dopo averli interrogati a fondo sulla loro religione rifiutò di convertirsi alla stessa con il pretesto che la perdita di Gerusalemme evidenziava, a suo dire, che i fedeli ebraici erano stati abbandonati da Dio.
Per ultimo Vladimir chiese dei Cristiani. Nelle cupe chiese tedesche i suoi emissari gli riferirono che non c'era bellezza, ma dell'Hagia Sophia di Costantinopoli riferirono: "Noi non sapevamo se fossimo in cielo o sulla terra". Non è possibile sapere quanto Vladimir rimase colpito dalle descrizioni dei suoi messi. Di certo la conversione alla religione cristiana di rito greco ortodosso avrebbe permesso al suo Stato di rafforzare i rapporti economici e diplomatici con l'Impero bizantino. A Kiev fu fondata la Provincia ecclesiastica sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli.
Nel 1448 a seguito del rifiuto di accettare l'Unione di Firenze da parte del Pomestnij Sobor della Chiesa russa che rappresenta, tramite i delegati, tutto il popolo di Dio inteso come clero e laicato del proprio territorio, prese lo stato di autocefalia. Il vescovo di Rjazan' Iona fu eletto Metropolita di Kiev e di tutta la Russia senza approvazione di Costantinopoli. Solo nel 1589 il Patriarca di Costantinopoli Geremia II Tranos con il suo decreto ha formalizzato la nomina di San Job a patriarca di Mosca e di tutta la Russia.
Nel 1654 dopo l'ascesa di patriarca Nikon fu riunito un Sobor al fine di ristabilire l'uniformità tra le pratiche liturgiche della Chiesa greca e di quella russa. Un secondo Sobor, tenutosi a Mosca nel 1656, approvò la revisione delle opere così come disposta dal primo concilio e lanciò un anatema sulla minoranza dissidente, che includeva una fazione dei Zelatori della Pietà e il Vescovo Pavel di Kolomna. Le riforme coincisero con la grande peste che sconvolse la Russia nel 1654 e con il periodo di terrore causato dall'approssimarsi del 1666, che molti russi credevano si sarebbe rivelato l'anno dell'apocalisse. Raskol così viene chiamata lo scisma che portò alla divisione della Chiesa russa in Chiesa ortodossa ufficiale e movimento dei vecchi credenti.
Nel 1700 dopo la morte del patriarca Adriano il nuovo Patriarca non fu eletto. Il patriarcato fu abolito da Pietro il Grande nel 1721 e sostituito dall'istituzione del Santo Sinodo, di cui il Metropolita di Mosca, era a capo. Il Santo Sinodo fu sciolto nel 1917 in seguito alla rivoluzione d'ottobre e per la restaurazione della figura del
Il 28 ottobre (17 novembre) 1917 al Pomestnij Sobor di tutta la Russia fu restaurato il patriarcato. Il primo Patriarca dopo il periodo sinodale fu eletto metropolita di Mosca Tichon (fu canonizzato nell'ottobre 1989).
Dopo la rivoluzione d'ottobre la Chiesa viene perseguitata perché fu considerata parte della fazione anti-bolscevica e molti membri del clero vennero incarcerati o uccisi dal nuovo regime. Dopo la morte di patriarca Tichon avvenuta nel 1925, il posto di Patriarca rimane vacante. Solo nel 1943 fu eletto il nuovo patriarca Sergio I.
Negli anni venti, a seguito della Rivoluzione Bolscevica, la comunità ortodossa russa all'estero si rese protagonista di uno scisma, rifondando la Chiesa Ortodossa Russa all'estero. La Chiesa scismatica ebbe la sua sede a dapprima in Serbia, poi negli USA a Jordanville. A seguito di un riavvicinamento tra le due Chiese, il 17 maggio 2007 lo scisma si è ricomposto , con la firma di un atto di riunificazione da parte del patriarca russo Alessio II e del metropolita Lavr, capo della Chiesa estera, nella Cattedrale del Cristo Salvatore di Mosca.
Nel 2000 è sorto il problema dell'Estonia. Divenuta l'Estonia indipendente, i suoi vescovi avevano chiesto per la loro Chiesa l'autocefalia. Offesi dal diniego moscovita, ed ancor più risentiti poiché il patriarca Alessio II di padre pietroburghese, era nato in Estonia si sono rivolti a Costantinopoli che li ha accontentati. Da allora, nel canone delle Liturgie del clero della Chiesa ortodossa russa, non si è più fatto, per un tempo, memoria del Patriarca di Costantinopoli. Il 27 luglio 2008, i due Patriarchi hanno concelebrato la Divina Liturgia a Kiev a l'occasione del 1020º anniversario del Battesimo della Russia, e si sono incontrati in seguito, deludendo in questo i progetti di manomessa sulla Chiesa del governo ucraino.
Secondo i dati ufficiali al 12 dicembre 2008, la Chiesa ortodossa russa contava 157 diocesi in vari paesi e 29.263 parrocchie. Nel 1993 le diocesi erano 92. Vi sono 804 monasteri, dei quali in Russia 234 maschili, e 244 femminili e nei paesi ex-URSS 142 maschili, e 153 femminili e negli altri paesi 3 maschili e 3 femminili. Vi sono 30.670 persone di clero tra cui 27.216 preti e 3.454 diaconi. La Chiesa dispone inoltre di 11.051 scuole domenicali, 5 accademie, 3 università ortodosse, 2 università teologiche, 38 seminari, 39 collegi spirituali di totale 87 enti di istruzione. Inoltre vi sono 29 monasteri di tipo stauropegic, 203 podvorije e 65 skita.
Chiesa armena ortodossa
La tradizione fa risalire il primo annuncio del Vangelo in Armenia, primo regno nella storia ad aver accolto ufficialmente il cristianesimo, agli apostoli Taddeo e Bartolomeo ma la conversione della corte armena è dovuta all'apostolato di S. Gregorio l'Illuminatore che nel 301 battezzò il re Tiridate III e la sua corte e da allora il cristianesimo fu proclamato religione ufficiale del regno. Questa scelta e la posizione geografica di frontiera dell'Armenia sono state cause di molte persecuzioni e guerre.
L'Armenia fu invasa dai persiani lo stesso anno del concilio di Calcedonia (451) e questo impedì ai suoi vescovi, impegnati a difendere il cristianesimo contro la dottrina dei seguaci di Zoroastro (Mazdeismo), di partecipare al concilio ed alle sue decisioni. Per questo motivo la chiesa armena è annoverata tra le antiche chiese orientali, cioè quelle chiese che in quell'epoca non accettarono il concilio di Calcedonia. La chiesa armena accettò pertanto i primi tre concili ecumenici, (Nicea nel 325, Costantinopoli nel 381, Efeso nel 431), ignorando il quarto.
La liturgia armena, nella fase iniziale si ispirava a quella di Cesarea, la quale a sua volta derivava da quella di Antiochia.
Nel 451 a Calcedonia ci fu il Concilio ecumenico che definì le due nature, umana e divina, nell'unica persona del Cristo. Benché la Chiesa armena, impegnata in guerre coi Persiani, non partecipasse ai dibattiti conciliari, tuttavia le decisioni del concilio furono accolte con diffidenza, dato che il potere imperiale bizantino aveva partecipato attivamente alle conclusioni conciliari. Tutto questo, col fatto che i vescovi monofisiti della Siria (sostenitori della sola natura divina del Cristo) furono i primi a informare i prelati armeni intorno alle definizioni di Calcedonia, e con l'aggiunta dei problemi di traduzione dei termini teologici greci di natura e persona, spinse la Chiesa armena a rifiutare le decisioni conciliari e a separarsi quindi dalla Chiesa cattolica. Due concili nazionali, celebrati nel 506 e nel primo centenario di Calcedonia (551), confermarono il rifiuto e l'adesione al monofisismo. Solo alcuni vescovi armeni ricusarono di condannare le decisioni calcedonesi: e questo causò all'interno della Chiesa armena uno scisma che durò lungo tempo.
Tale situazione di allontanamento dalla Chiesa universale durerà fino ai sec. XI-XIII, quando la Chiesa latina, rappresentata dai Crociati, suscitò tra gli Armeni, movimenti unionisti. Così il catholicòs Nersès IV (1166-1173) consacrò la sua vita a un'intesa fra Armeni, Greci e Latini. Durante la prima metà del 1200 si arrivò a stabilire un'effimera unione con Roma. Era il tempo in cui Domenicani e Francescani si erano lanciati all'evangelizzazione delle regioni dell'Armenia Minore, convertendo molti al Cattolicesimo romano, senza però giungere a formare una Chiesa cattolica paraIlela. Durante il Concilio di Firenze (1439) i rappresentanti armeni sottoscrissero l'atto di unione a Roma. Senza dubbio, fu una decisione senza effetti pratici.
Fino al sec. XI la Chiesa armena era unita sotto un unico patriarca, il catholicòs di Etchmiadzìn, città santa degli Armeni. Con il grande esodo armeno in Cilicia, dove si fondò nel 1073 il principato dell'Armenia Minore, il catholicòs di Etchmiadzìn lasciò la sua sede del Caucaso per installarsi nella nuova patria armena. Nel 1293 si stabilisce a Sis, capitale della Cilicia. Questo trasferimento della sede patriarcale rese più profondo il solco fra le - due Armenie, la Maggiore del Caucaso, che rimase senza capo spirituale, e la Minore di Cilicia.
Vent'anni più tardi, nel 1311, il vescovo armeno di Gerusalemrne, insoddisfatto dell'avvicinamento tra gli Armeni di Cilicia e Roma, prende il titolo di patriarca, confermato ufficialmente dal sultano d'Egitto. Un secolo dopo, nel 1441, è la volta dell'Armenia di Caucaso che, sentendo la necessità di avere un capo spirituale, nominano un nuovo catholicòs con giurisdizione sugli Armeni dell'Armenia Maggiore.
Il quarto patriarcato ha inizio sotto la zione dei Turchi ottoman). Alcuni anni dopo la conquista di Costantinopoli i Turchi favoriscono l'istituzione di un patriarcato nella capitale (1461) con giurisdizione civile e ecclesiastica sopra tutti gli Armeni dell'impero.
E' così che la Chiesa armena ortodossa risulta divisa fino ad oggi in quattro strutture autonome: il catholicòs di Etchmeadzìn e quello di Sis; i patriarchi di Gerusalemme e di Costantinopoli. Tra essi l'unico elemento di interdipendenza è il riconoscimento del primato d'onore del catholicòs di Etchmiadzìn.
I1 catholicòs di Sis, fondato nel 1293, continuò fino al 1921. Il genocidio degli anni 1915-18 costrinse il patriarca a trasferire la sue sede prima a Aleppo e poi, nel 1930, a Antelias, al nord di Beirut, dove attualmente risiede. Ha giurisdizione sopra gli Armeni del Libano, Siria e parse della diaspora: in tutto un 400 mila fedeli.
I1 patriarca di Gerusalemme ha giurisdizione sugli Armeni di Terra Santa e Giordania (4 mila fedeli). Risiede a Gerusalemme, nel monastero di S. Giacomo il Maggiore, centro religioso e sociale degli Armeni in TS. Infatti, intorno a questo monastero si è sviluppato un quartiere interamente abitato dagli Armeni con le loro chiese, il seminario, scuole, associazioni, biblioteca con 50 mila volumi, tipografia e museo d'arte religiosa. Il patriarca di Gerusalemme è eletto dalla fraternità di S. Giacomo composta da 60 membri, tra cui i monaci del monastero, e, per la maggior parse, da secolari. Egli è assistito da quattro vescovi, il primo dei quali ha il titolo di Gran Sacrista ed è, al tempo stesso, superiore del monastero.
Il patriarcato è proprietario dei seguenti santuari: due cappelle al S. Sepolcro, una cappella nella chiesa della Natività a Betlemme; la- chiesa di S. Giacomo Maggiore eretta sul luogo del suo martirio, le case di Anna e Caifa. Con i Francescani e i Greci ortodossi è comproprietario della Tomba del Signore e della Grotta della Natività.
Chiesa copta ortodossa
La Chiesa copta è una chiesa cristiana miafisita (impropriamente detta monofisita, definizione non accettata né dai copti né dagli etiopi). È una delle Chiese orientali antiche.
Nella Chiesa copta il titolo di "Papa" spetta al Patriarca di Alessandria. Attualmente la sede è vacante; Shenouda III, deceduto il 17 marzo 2012, è stato il 117º Papa della Chiesa ortodossa copta.
Nel corso del XIX secolo una parte di essa si è portata in comunione con il Papa di Roma. Oggi sussiste sotto il nome di Chiesa cattolica copta.
La Chiesa copta fu fondata in Egitto nel I secolo. Il nome deriva dalla parola greca che indica il paese d'Egitto: Aigyptios, evoluta col tempo dapprima in gipt e poi in qibt. La Chiesa copta ha origine dalla predicazione di san Marco, discepolo di San Paolo, che scrisse il suo Vangelo nel I secolo e portò il cristianesimo in Egitto (regnante a Roma l'imperatore Nerone). La liturgia è simile a quella europea (Divina Liturgia), ma le due liturgie si sono evolute differentemente, anche perché quella europea è stata influenzata dal ruolo del patriarcato di Costantinopoli, mentre quella copta dal ruolo del patriarcato di Alessandria. La Chiesa copta rivendica, infatti, di non riconoscere le decisioni del Concilio di Calcedonia (451).
I primi monaci copti vissero in Egitto durante il IV secolo, molti di loro morirono come martiri. Durante il IV e V secolo si ebbe lo scisma della Chiesa copta dalla Chiesa latina e greca. Il IV ed il V secolo furono caratterizzati dalla lotta tra le varie dottrine cristologiche. I cristiani si divisero circa la natura di Cristo: gli ariani accentuavano la natura "umana"; i nestoriani, pur considerando Cristo sia uomo che Dio, affermavano che le due nature non erano contemporanee.
Il concilio di Calcedonia stabilì che Cristo era, al tempo stesso, completamente Dio e completamente uomo, avendo due nature. Ciò provocò lo scisma dei duofisiti nestoriani e dei miafisiti (ortodossia copta ed etiopica), che rimasero fedeli ai concili precedenti.
La Chiesa copta è stata una delle Chiese a soffrire di più dell'avanzata araba nel Nordafrica. Nonostante la legislazione islamica permettesse alle "religioni del Libro", cioè cristiani, ebrei e zoroastriani, di professare la propria fede, assegnando ai fedeli di altre religioni lo status di dhimmi, di fatto impediva le conversioni dall'Islam al Cristianesimo, o il matrimonio di donne musulmane con cristiani.
Dopo il concilio Vaticano II, Chiesa cattolica e Chiesa copta hanno iniziato un cammino ecumenico di dialogo. Questo ha portato nel 1973 al primo incontro, dopo quindici secoli, tra papa Paolo VI ed il patriarca dei copti papa Shenuda III. Insieme decisero di iniziare un dialogo teologico, il cui frutto principale è stata la dichiarazione comune del 12 febbraio 1988 (la Chiesa cattolica era allora guidata da papa Giovanni Paolo II), che esprime un accordo ufficiale sulla cristologia, accordo approvato dal Santo Sinodo della Chiesa copta ortodossa. La dichiarazione comune sulla fede cristologica mette fine a secoli di incomprensione e di reciproca diffidenza. Così i due pontefici si esprimono:
La concezione di Cristo della Chiesa copta si distingue da quella dei nestoriani e dei monofisiti veri e propri (Eutiche). Ancora oggi i copti amano definirsi "miafisiti", in quanto non credono alla definizione calcedonese "due nature in una persona" ma preferiscono parlare di "unica natura del Verbo incarnato" (secondo le parole di san Cirillo di Alessandria). Questo perché, secondo il dettato biblico, ad ogni natura corrisponde una persona e, affinché la Trinità non diventi "Tetra-", Cristo deve essere concepito con un'unica natura.
I copti credono che il Signore sia perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, ma la sua divinità e la sua umanità sono state unite in una sola natura chiamata "la natura del Verbo incarnato", ribadita da san Cirillo di Alessandria. I copti, quindi, credono in un'unica natura: "umana" e "divina", unite "senza mescolanza, senza confusione, senza alterazione" (dalla dichiarazione di fede alla fine della divina liturgia copta). Queste due dimensioni (umana e divina) "non si sono separate nemmeno per un attimo o battito di ciglia" (dalla dichiarazione di fede che si pronuncia alla fine della Messa copta). Per i copti Gesù è Dio completo e uomo completo insieme, ma quella di Cristo è comunque un'unica natura nata dall'unione delle due precedenti, senza né mescolanza né confusione o separazione. Questo è ciò che la Chiesa Copta ha sempre ritenuto di affermare, sia in passato (Concilio di Calcedonia del V secolo) che oggi.
La Chiesa copta ortodossa ha un proprio Papa, l'ultimo è stato Shenuda III, che viveva al Cairo ed era il 117º patriarca dalla predicazione di san Marco. A differenza di quanto avviene nella Chiesa cattolica, per il papa copto non esiste un analogo del dogma dell'infallibilità papale. Per un'antica tradizione, i vescovi della Chiesa copta possono provenire solo dal "clero bianco", cioè dai monaci. Pertanto, ad essi è richiesto il celibato.
La Chiesa copta è erede del millenario monachesimo egiziano, di cui mantiene ancora le antiche istituzioni monastiche, ed è sede di istituzioni teologiche e accademiche, con una presenza diffusa in una diaspora a livello mondiale. La valutazione del numero dei copti è un compito arduo: tale numero è tenuto forzatamente basso dalle statistiche ufficiali egiziane (il censimento del 1986 ne dichiara 3.300.000, ossia l'8% degli egiziani). Di fronte alle manipolazioni degli addetti al censimento, e alle strategie di riservatezza degli stessi copti per assicurare la protezione dell'anonimato, gli stessi studi specialistici sulle minoranze cristiane in Medio Oriente non riescono a trovare un accordo e presentano cifre che oscillano fra i 3 e gli 8 milioni.
In Egitto
Timoteo Eluro, grazie a monaci cristiani egiziani, chiamati in arabo qubt (copti) (dal greco [e]gýpt[ikos]), fu il fondatore della Chiesa egizia miafisita, detta appunto Chiesa copta.
Il miafisismo adottato dai copti rifiutava il concetto espresso da Eutiche di fusione tra le due nature, divina e umana, di Gesù, per favorire un'unione come tra corpo e anima, denominata miafisismo.
Tra il 484 e il 519, nel periodo dello scisma acaciano, voluto dal patriarca di Costantinopoli Acacio, il miafisismo si rafforzò in Egitto, grazie soprattutto a Pietro Mongo, vescovo d'Alessandria e successore di Eluro, che accettò l'Henotikon, il documento di compromesso (poi fallito) tra cattolici e monofisiti, voluto dall'imperatore Zenone di Bisanzio (474-475 e 476-491).
Negli anni successivi i copti considerarono gli Arabi come liberatori durante la loro lotta con i bizantini. I rapporti col potere arabo-islamico sono segnati dall'alternanza tra momenti di maggiore tolleranza e fasi di persecuzione religiosa.
In Etiopia
Intorno al 356 il vescovo Frumenzio contribuì a convertire al Cristianesimo l'Etiopia. La religione cristiana in Etiopia, in principio, trovò resistenze da parte dei locali, ma nel VI secolo riscosse sempre maggior successo con l'arrivo dei “Nove Santi”, monaci monofisiti che fuggivano dalle persecuzioni.
Dal 640 la Chiesa d'Etiopia fu legata a quella copta egiziana e così rimase fino al 1948. Nel XVII secolo, con il negus Susenyos, ci fu un forte avvicinamento alla Chiesa cattolica, che durò fino al 1632.
L'ultimo negus (poi imperatore) Hailé Selassié (Haylasellase I) (imperatore dal 1930 al 1936 e dal 1941 al 1974) riorganizzò la Chiesa d'Etiopia, avvicinandola alla Chiesa copta egiziana e facendola diventare Chiesa di Stato Tawahedo. Da allora la Chiesa non è più definibile copta ma Ortodossa Tawahedo. L'Abuna Basilios, il primo patriarca, fu eletto nel 1959 e gli successe l'Abuna Tewophilos nel 1971 (questi venne ucciso dalla giunta militare marxista). I successori furono l'Abuna Tekle Haymanot, l'Abuna Merkorios e l'Abuna Paulos (i primi due non vennero riconosciuti dal sinodo della Chiesa copta).
La Chiesa risente di diversi influssi del credo ebraico, tra cui la circoncisione, la festività settimanale del sabato, la separazione della carne in pura ed impura, e la presenza dell'Arca dell'Alleanza ad Axum.
Oggi la Chiesa d'Etiopia è la più estesa delle chiese pre-calcedoniche e i suoi credenti sono circa 36 milioni, in Etiopia e non. Il termine Tewahido vuol dire, in lingua Ge'ez "l'essere che si è fatto uno", rifacendosi alla dottrina teologica monofisita.
In Eritrea
La più giovane tra le chiese orientali ortodosse è la Chiesa Eritrea Ortodossa Tewahido, sorta nel 1993, dopo il raggiungimento dell'indipendenza dell'Eritrea dall'Etiopia. Anche se persistono ancora forti contrasti legati agli sconvolgimenti politici in cui la chiesa Etiopica si è trovata coinvolta, le due chiese sono in comunione tra loro.
Il patriarca dal 2007 è l'Abuna Dioskoros; la Chiesa conta circa due milioni di fedeli che vivono in Eritrea, Europa e Nord America.
In Italia
La Chiesa copta, che nel territorio nazionale italiano ha trovato un ambiente cristiano favorevole e non antagonista, mostra una grande energia e vitalità. Le comunità copte italiane svolgono, oltre a una profonda vita pastorale, centrata sull'esperienza del monachesimo del deserto, anche attività per il mutuo supporto e aiuto dei credenti nella vita sociale e familiare.
Si calcola che i fedeli copti in Italia siano circa 50.000, la maggior parte dei quali sono concentrati nel milanese e in Friuli-Venezia Giulia. Tale presenza si è resa visibile sin dalla metà degli anni settanta, periodo in cui sono cominciate le celebrazioni e le attività pastorali con grande vigore. Dagli anni ottanta la popolazione copta a Milano e dintorni si è notevolmente incrementata, tanto che nella provincia ci sono diverse parrocchie regolarmente funzionanti e molto frequentate, e altre sedi parrocchiali e comunità in formazione. Oggi esistono due vescovi copti in Italia.
Le recenti difficoltà che stanno vivendo i copti in Egitto sono uno stimolo molto pressante all'emigrazione verso l'Italia.
Chiesa ortodossa siriaca
La Chiesa ortodossa siriaca è una Chiesa ortodossa orientale autocefala originaria nel Vicino Oriente, ma con fedeli sparsi in tutto il mondo. È una delle Chiese orientali antiche, con le quali è in comunione e rappresenta la principale erede del cristianesimo siriaco. Nel mondo i fedeli della Chiesa ortodossa siriaca sono circa due milioni.
I siro-ortodossi sono tutt'oggi monofisiti, cioè credono in un Cristo solo apparentemente uomo, la cui natura è totalmente divina; pertanto non riconoscono i decreti del concilio di Calcedonia (451).
La Chiesa ortodossa siriaca adopera come lingua liturgica il siriaco, un idioma appartenente all'aramaico. A capo della Chiesa è il Patriarca (siro-ortodosso) di Antiochia, con sede a Damasco, capitale della Siria. Attualmente la carica è ricoperta da Mar Ignatius Zakka I Iwas.
La Chiesa è sovente chiamata "Giacobita" , in onore del suo fondatore, Giacomo Baradeo o Monofisita, ma queste definizioni sono state respinte oggi da alcune Chiese. Un Sinodo tenutosi nel 2000 ha stabilito che il nome della Chiesa debba essere "Chiesa ortodossa siriaca". Prima di ciò essa era spesso chiamata "Chiesa ortodossa siriana". Il nome è stato cambiato per dissociare la Chiesa dallo stato siriano.
La Chiesa Ortodossa Siriaca si distingue dalle altre Chiese ortodosse in quanto aderisce alla dottrina del Primato di Pietro, ma con una particolarità. Ritiene infatti che il primato di Pietro debba essere definito “primato d’onore” piuttosto che “primato d’autorità”. Il primato d’autorità è notoriamente accettato dalla Chiesa cattolica, secondo la quale San Pietro apostolo è la “roccia” su cui Gesù ha fondato la Chiesa.
L'eredità lasciata dalla Chiesa siriaca alla cultura occidentale è fondamentale. Furono i cristiani siriaci, infatti, a tradurre dal greco al siriaco e poi all'arabo i tesori dell'eredità classica, consentendo agli arabi di riportarli in Europa, attraverso la Spagna. Le grandi accademie arabe sono eredi delle scuole esegetiche siriache. Durante i primi secoli furono rette da cristiani ed ebrei . Uno dei più famosi esegeti dei testi antichi fu Hunayn ibn Ishaq (809-873), che fu autore di oltre cento lavori di traduzione. L'amanuense ritradusse dal greco al siriaco molti testi di filosofi antichi, partendo dal manoscritto greco. Poi confrontò la propria versione con la traduzione siriaca esistente. Infine eseguì la traduzione in arabo. Successivamente questi testi furono portati in al-Andalus, dove furono tradotti in latino e diffusi in Europa, contribuendo al rinascimento della cultura europea (Rinascimento del XII secolo).
La Chiesa è organizzata in circa 26 arcidiocesi e 11 vicariati.
Per un'antica tradizione, i vescovi della Chiesa ortodossa siriaca possono provenire solo dal "clero bianco", cioè dai monaci. Inoltre, ad essi è richiesto il celibato.
La Chiesa è guidata dal Patriarca Sua Santità Moran Mor Ignazio Zakka I Iwas, che risiede a Damasco, capitale della Siria. Il Patriarca è in carica dal 14 settembre 1980, giorno della Festività della Croce. Le celebrazioni per il giubileo del Patriarcato di Zakka si sono svolte, nel 2005, in tutte le comunità siriaco ortodosse sparse per il mondo.
Secondo alcune stime, la Chiesa ha oggi 2.250.000 aderenti nel mondo. La comunità maggiore conta 1.200.000 fedeli che risiedono in India. Poi ci sono 680.000 siriaci ortodossi in Siria e 5.000 in Turchia. Altre comunità in Iraq, Libano e Israele. Lontano dai luoghi di origine, 70.000 aderenti vivono oggi in Germania, 60.000 in Svezia, 15.000 nei Paesi Bassi e molti altri si sono trasferiti nelle Americhe e in Australia.
La Chiesa siriaca ortodossa trae origine dalle prime comunità cristiane fondate ad Antiochia da Pietro apostolo nel 33, il quale fu anche il primo vescovo della città anatolica dal 42.
La Chiesa di Antiochia crebbe in importanza sia per il suo santo fondatore, sia perché Antiochia era una delle città più importanti di tutta la parte orientale dell'Impero romano. Il primo concilio di Nicea (325) riconobbe Antiochia come sede di Patriarcato, assieme a Roma, Alessandria d'Egitto e Gerusalemme. Anche la Chiesa cristiana dell’impero persiano riconobbe le decisioni del concilio di Nicea, nonostante il suo isolamento dalle altre chiese dell’Impero romano. Fino all’anno 498 tale Chiesa accettò l’autorità spirituale del Patriarca d’Antiochia.
A partire dalla metà del V secolo si affermò nell'Impero romano d'Oriente la teologia di Eutiche, Patriarca di Costantinopoli. Nonostante venisse condannata dal concilio di Calcedonia del 451 come monofisismo, la teologia eutichiana si diffuse in larga parte dell'impero. Il monofisismo fu introdotto in Siria dal Patriarca Severo di Antiochia intorno al 515, e, dopo la sua deposizione tre anni dopo, sostenuto dal suo discepolo Giacomo Baradeo: nominato vescovo di Edessa nel 542 con la protezione dell'imperatrice Teodora (moglie di Giustiniano I), Giacomo diffuse il monofisismo in un vasto territorio, corrispondente agli odierni territori di Siria, Anatolia, Libano, Mesopotamia e Armenia; Giacomo Baradeo è considerato vero fondatore della Chiesa ortodossa siriaca.
Nel VII secolo, con la conquista araba di tutto il Vicino Oriente, la Chiesa di Antiochia non poté più proseguire l'opera di evangelizzazione. Ma le scuole, teologiche e filosofiche, rimasero aperte. La stessa sede del Patriarcato fu trasferita in un monastero della Mesopotamia, dove rimase per diversi secoli. La Chiesa antiochena contava nell'Alto Medioevo venti metropoliti, con 103 diocesi, e si estendeva all'est fino all'«India Magnum». Furono fondate comunità siro-ortodosse con fedeli, senza vescovi, nel Turkestan e nel Sinkiang.
Nel 1293 il patriarcato fu insediato nel monastero Mor Hananyo, nell'Anatolia sud-orientale, vicino a Mardin. Il monastero di Mor Gabriel, situato a Mardin (Turchia sud-orientale), è il centro principale della confessione siriaco-ortodossa. È uno dei luoghi di culto più antichi del Medio Oriente. Fondato da Mor Samuel, San Samuele, nel V secolo, fu arricchito di strutture anche grazie alla generosità di vari imperatori bizantini.
Dal XX secolo ad oggi
Durante il regno degli Ottomani la comunità siriaca ortodossa non subì repressioni né persecuzioni.
Alla fine del XIX secolo emersero in Anatolia gruppi che esprimevano un acceso nazionalismo. Su tutti, i Giovani Turchi. Nel 1895 nella cattedrale di Edessa vennero bruciati tremila cristiani, tra cui molti siriaci, in quello che può essere considerato l'antefatto del genocidio dei cristiani armeni. Durante la Prima guerra mondiale le popolazioni cristiane furono al centro degli scontri tra turchi e curdi. Bande irregolari attaccarono i villaggi siriaci, specie nella provincia di Tur Abdin. Si calcola che perì un terzo della popolazione della zona. Molti fuggirono all'estero.
A causa delle avverse condizioni politiche, nel 1933 il patriarcato fu trasferito dalla sua sede storica, il monastero di Dayr al-Za'farān, vicino a Mardin, dove risiedeva fin dal 1293, ad Homs, in Siria, nella "Valle dei cristiani" (Wadi an Nasara).
Nel 1959 trovò la sua attuale collocazione a Damasco, capitale del Paese. La sede legale del Patriarcato è nel quartiere cristiano di Damasco, Bab Tuma (lett. "Porta di Tommaso"); il Patriarca risiede nel monastero Mor Aphrem, a circa 25 km a nord della città.
La Chiesa siriaca in India
La Chiesa più diffusa nel Kerala, la Chiesa ortodossa siro-malankarese, è parte integrante della Chiesa ortodossa siriaca e riconosce il Patriarca di Antiochia come vertice supremo. Il Patriarca nomina il "primate" della Chiesa indiana, che porta il titolo di Catholicos dell'India. Attualmente la carica è ricoperta da Baselios Thomas I, ordinato nel 2002.
La messa ortodossa siriaca in India è celebrata parte in siriaco e parte in lingua malayalam.
Chiesa ortodossa etiopica
La Chiesa ortodossa etiopica, chiamata Tewahedo ("unitaria") dai fedeli, è una Chiesa ortodossa orientale per molti secoli unita alla Chiesa copta ortodossa e quindi soggetta al Patriarcato di Alessandria d'Egitto. Dal 1959, la Chiesa Tewahedo è divenuta autocefala, può quindi scegliere il proprio patriarca che ha sede a Addis Abeba. La Chiesa Tewahedo vanta circa 50 milioni di fedeli[1], la maggioranza dei quali vive in Etiopia. Alcune comunità negli Stati Uniti e in Canada raggruppano migliaia di fedeli. L'Etiopia rappresenta l'unico caso di cristianesimo "africano" autoctono, non d'importazione europea, ma di antica tradizione di diretta derivazione apostolica[2]. Il cristianesimo etiopico è una sintesi originale tra l'antica tradizione cristiana d'Oriente e la realtà africana.
Il termine "Tewahedo" si riferisce alla dottrina miafisita (unicità della divinità e dell'umanità di Gesù Cristo) contrastante con la dottrina calcedoniana (due nature in una persona) sostenuta dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa greco-ortodossa.
Axum culla del cristianesimo etiope
La Chiesa tewahedo fa risalire le sue origini alla conversione del tesoriere della regina Gersamot Hendeke VII, che regnò in Etiopia dal 42 al 52 circa. L'evento è narrato negli Atti degli Apostoli (8:27).
In realtà, l'evangelizzazione dell'Etiopia risale più probabilmente al IV secolo. I primi evangelizzatori storicamente documentati furono San Frumenzio e il fratello Edesio, che diffusero il cristianesimo nel Regno di Axum. La loro vicenda è raccontata dallo storico latino Rufino (morto nel 410):
« Un filosofo cristiano di Tiro, Meropio, si recò in India per un viaggio d'istruzione, accompagnato da due suoi giovani parenti, Edesio e Frumenzio, che lui stesso istruiva nelle arti liberali. Sulla via del ritorno, la nave si fermò per fornirsi di acqua sulla costa africana del Mar Rosso, dove fu attaccata dalla gente del luogo in lotta contro l'impero dei romani. Tutto l'equipaggio e i passeggeri furono uccisi: si salvarono solo i due giovani, che furono catturati e offerti in dono al re degli etiopi. Impressionato dalla loro intelligenza, il re nominò Frumenzio suo segretario e tesoriere, Edesio suo coppiere. Al momento della sua morte, il re liberò i due giovani. Ma la regina, alla quale incombeva la reggenza in attesa della maggiore età del piccolo Ezanà, pregò Frumenzio di assisterla nel governo dello stato. »
Quando Ezanà diventò maggiorenne, Frumenzio fu lasciato libero di tornare a casa, a Tiro in Libano; egli si recò invece ad Alessandria d'Egitto.
Quando il principe Ezana salì al trono, Frumenzio fu nominato capo della Chiesa cristiana d'Etiopia. Da allora, il Patriarca di Alessandria e di tutta l'Africa ha mantenuto il diritto di nominare l'arcivescovo (archieparca) etiopico. Nel corso dei secoli, questo diritto è sempre stato esercitato e il vescovo prescelto è sempre stato un copto egiziano.
Età moderna
All'inizio del XVI la pressione militare islamica sull'Etiopia aumentò in misura consistente. Le armate islamiche, sia del sultanato ottomano che del sultanato di Adal, intendevano conquistare definitivamente il controllo delle piste carovaniere che collegavano le coste del Corno d'Africa al Mediterraneo. Nel 1507 il re d'Etiopia decise di chiedere aiuto al re del Portogallo. I portoghesi erano interessati a mantenere il controllo delle coste africane (da loro recentemente esplorate), dove avevano costruito delle basi navali per favorire il commercio con l'Estremo Oriente, superando così l'ostacolo posto dalla mediazione di commercianti musulmani nelle tratte mediterranee. Il re del Portogallo mandò una spedizione militare a sostegno del regno etiopico. Negli anni seguenti, anche un gruppo di missionari gesuiti arrivò nel Paese, ma la loro opera trovò molti ostacoli. Il Papa, in seguito, inviò due vescovi portoghesi, distaccandoli da Goa (India).
Nel 1624 re Susenyos si convertì al Cattolicesimo, imponendo ai sudditi di seguirlo nella sua scelta. Per la prima volta nella sua storia, la Chiesa Tewahedo interrompeva la millenaria comunione con la Chiesa Copta. La mossa fu invisa dalla corte, dal clero etiopico che vedeva la sua influenza politico-sociale scemare, e dal popolo. Susenyos dovette abdicare nel 1632 in favore del figlio Fasilides. Fasilides rinunciò immediatamente al legame con Roma e ristabilì la comunione con Alessandria d'Egitto.
La chiesa etiopica di Gerusalemme
La Chiesa Tewahedo è divenuta autocefala nel 1959.
Il 13 luglio 1948, le Chiese copta (ovvero egiziana) ed etiopica raggiunsero un accordo per conferire autonomia alla Chiesa etiopica. Il Patriarca di Alessandria consacrò cinque vescovi etiopici e dette loro il permesso di scegliere un proprio patriarca quando l'arcivescovo Qerellos IV avessa lasciato libera la sede di Addis Abeba. Il 14 gennaio 1951, il Patriarca di Alessandra Giuseppe II consacrò vescovo Abuna Basilios, nominato archieparca d'Etiopia. Nel 1959, Cirillo VI di Alessandria incoronò Abuna Basilios quale primo Patriarca d'Etiopia.
Alla morte di Abuna Basilios (1971) la Chiesa tewahedo scelse Abuna Tewophilos quale nuovo patriarca. Questi venne arrestato (1976) dal regime di Mengistu Haile Mariam, che aveva compiuto un colpo di stato ai danni dell'imperatore (1974). Il regime marxista-militare di Mengistu privatizzò le vaste proprietà terriere della Chiesa e fece assassinare il patriarca in prigione nel 1979. Mengistu ordinò che fosse eletto un nuovo patriarca nella persona di Abuna Tekle Haymano, che però non venne riconosciuto dalle altre Chiese in comunione con Addis Abeba.
Alla morte di Abuna Tekle Haymano, il regime impose l'elezione di Abuna Merkorios, sino ad allora vescovo di Gondar. Questi era anche un parlamentare fedele al DERG, il comitato che governava il paese. Alla caduta del DERG, l'Abuna Merkorios abdicò e fuggì all'estero. Venne eletto patriarca Abuna Paulos, riconosciuto come legittimo dalla Chiesa Copta. Abuna Tekle Haymano, e altri vescovi che lo seguirono in esilio, dettero vita ad una Chiesa parallela che ebbe un suo seguito nella diaspora etiopica in Europa e nelle Americhe.
Nel 1994, con l'indipendenza dell'Eritrea, la Chiesa Copta ha nominato un arcivescovo per l'Eritrea. A sua volta, la Chiesa Eritrea è divenuta autocefala nel 1998.
La liturgia è celebrata in ge'ez, che fu scelta come lingua ufficiale sin dal V secolo. Normalmente, la predica e altri interventi del sacerdote sono fatte in amarico o tigrino.
Il luogo sacro più venerato dai cristiani etiopi è Axum.
Axum è considerata la più santa delle città dell'Etiopia ed è importante meta di pellegrinaggi. Feste significative sono T'imk'et (per noi la Festa dell'Epifania, celebrata il 7 gennaio, non il 6), e la Festa di Maryam Sion, che cade nel tardo novembre.
Cappella delle Tavole nella chiesa Nostra Signora di Sion.
La Chiesa tewahedo sostiene che l'Arca dell'Alleanza che Mosè aveva costruito durante il viaggio nel deserto verso la Terra Promessa sia conservata nella chiesa di Nostra Signora di Sion. Solo i sacerdoti possono entrare nella stanza che conserverebbe l'Arca, impedendo così qualsiasi ricerca da parte di studiosi. Un edificio per il culto non è considerato una vera chiesa fino a che il vescovo non abbia consegnato una copia delle Tavole (tabot) fatta in alabastro o legno di acacia. Anche queste copie sono sempre tenute nascoste alla vista dei fedeli. I tabot sono usati durante le feste più importanti, quali la consacrazione della chiesa, il Timket (epifania) e altre.
A differenza delle altre Chiese occidentali, la Chiesa tewahedo pone molta enfasi sul Vecchio Testamento. Molte pratiche religiose riflettono in questo modo il giudaismo. Un esempio evidente è quello della dieta. Molti cibi sono vietati, il modo di uccidere gli animali strettamente regolato, i giorni di digiuno corrispondono a quelli previsti nel Vecchio Testamento. Inoltre, donne e uomini possono seguire le funzioni liturgiche separati, e tutti si tolgono le calzature prima di entrare in un edificio consacrato.
Chiesa Episcopale a Gerusalemme e nel Medio Oriente
Chiesa anglicana (inglese: Church of England; latino: Anglicana ecclesia) è il nome assunto dalla Chiesa d'Inghilterra dopo la separazione dalla Chiesa cattolica nel XVI secolo. Il termine latino è precedente alla Riforma protestante e indicava genericamente la chiesa cattolica inglese, allo stesso modo in cui la chiesa francese era denominata Chiesa Gallicana. In seguito, dopo lo scisma avvenuto durante il regno di Enrico VIII e per influsso delle dottrine protestanti provenienti dal continente europeo, la Chiesa anglicana ha assunto una particolare fisionomia dottrinale ed organizzativa (vedi anglicanesimo).
La base dottrinale della Chiesa anglicana è contenuta nei Trentanove articoli di religione. La Chiesa anglicana, però, è essenzialmente pluralista. Nel suo interno convivono (e spesso si scontrano) tendenze diverse, ed ogni comunità può fare capo ad esse ed assumere una forma di culto molto diversa. Vi sono, ad esempio, gli "anglo-cattolici", che si differenziano poco dal cattolicesimo (presentano una forma di culto molto simile alla Messa cattolica), i neo-liberali, i riformati (che si attengono al calvinismo), gli evangelicali, i pentecostali/carismatici.
La Chiesa anglicana è attualmente composta dalle due province ecclesiastiche di Canterbury e York, a cui fanno capo tutte le diocesi inglesi. La sede primaziale è quella di Canterbury, il cui arcivescovo ha un primato d'onore su tutta la comunione anglicana. Il Papa non ha alcuna giurisdizione ecclesiastica, poiché le funzioni di governatore supremo della Chiesa sono svolte dal Sovrano inglese.
Le comunità anglicane presenti in molte città d'Italia fanno capo alla diocesi europea con sede a Gibilterra. La Chiesa Anglicana d'Inghilterra ammonta a circa 25.000.000 di fedeli ed è la comunità più grande in seno alla comunione anglicana.
Dall'11 novembre 1992 la Chiesa anglicana ha dato la possibilità alle donne di diventare sacerdoti.
Chiese luterane a Gerusalemme
Chiesa evangelica-luterana in Giordania e Israele (E.L.C.J.H.L.)
Chiesa luterana del Redentore - comunita' di lingua tedesca
Chiesa evangelica-luterana - comunita' di lingua araba
Chiesa evangelica-luterana - comunita' di lingua inglese
Chiesa luterana-danese nell'estero (Missione danese in Israele)
Missione evangelica-luterana finlandese (FELM)
Congregazione luterana svedese in Gerusalemme
Chiesa luterana dell'Ascensione - Auguste Victoria
Congregazioni Battiste a Gerusalemme
Baptist Convention in Israel
Chiesa Battista di Gerusalemme
Narkis Street Baptist Congregation
Prima Chiesa Battista biblica
Chiesa Battista di Gerusalemme d'Est
Chiesa Battista reformata - S. Paolo
Chiesa Battista locale