Citazioni
Flavio Giuseppe
Gerusalemme, 37 circa – Roma, 100 circa)
è stato uno scrittore, storico, politico e militare romano di origine ebraica; scrisse le sue opere in greco.
Il suo nome ebraico era Giuseppe figlio di Mattia (Joseph Ben Matityahu); il nome romano Flavio fu da lui assunto in seguito, al momento dell'affrancamento e conseguente conferimento della cittadinanza da parte dell'imperatore Tito Flavio Vespasiano.
Nato nel primo anno del regno di Caligola (37-38) da una famiglia della nobiltà sacerdotale imparentata con la dinastia degli Asmonei, Giuseppe ricevette una educazione tradizionale ebraica con un forte influsso della cultura greca e latina. In gioventù assunse posizioni vicine al movimento dei farisei, molto osservante della Torah, ma ostile ai nazionalisti ebrei ed in particolare agli zeloti. Tra il 63 e il 65, durante il periodo del grande incendio di Roma, si recò nell'Urbe, dove fu ospite alla corte di Poppea rimanendo impressionato dalla potenza militare e del livello di vita dei Romani.
Durante la prima guerra giudaica, iniziata nel 66, fu governatore militare della Galilea per le forze ribelli. Quando i ribelli asserragliati a Iotapata, assediata dai romani,si accorsero dell'imminente espugnazione romana, Giuseppe li convinse dell'immoralità del suicidio e dell'opportunità che a turno si perdesse la vita per mano dei compagni; con uno stratagemma riguardante l'ordine delle successive morti fece poi in modo di rimanere l'ultima persona viva del suo gruppo di combattenti (Problema di Giuseppe) e, invece di uccidersi, si consegnò ai romani. Durante l'incontro con il comandante militare romano Tito Flavio Vespasiano, Giuseppe gli predisse che sarebbe diventato imperatore, e Vespasiano gli accordò il suo favore. Alla famiglia di Vespasiano Giuseppe rimase in seguito legato e cambiò il suo nome in Flavio Giuseppe.
Flavio Giuseppe venne usato dai romani a fini propagandistici, per convincere i ribelli ad arrendersi. Trascorse il resto della sua vita a Roma, scrivendo opere che avevano un carattere filo-romano, ma che spiegavano ai lettori anche la storia e le credenze degli ebrei. I suoi scritti sono estremamente importanti dal punto di vista storico, poiché sono la principale fonte di informazioni che abbiamo sulla Giudea del I secolo. Morì intorno all'anno 100.
Mentre gran parte degli ebrei contemporanei considerarono Flavio Giuseppe traditore e apostata, taluni ritengono che egli, in un periodo nel quale le forze esterne minacciavano la totale distruzione del monoteismo ebraico, abbia perseguito con lucidità il fine della sua conservazione al prezzo di compromessi con il mondo vincente alessandrino/romano.
In Antichità giudaiche Flavio Giuseppe racconta la storia del popolo ebraico dalle origini fino all'epoca immediatamente precedente la guerra giudaica del 66-70. Quest'opera contiene preziose notizie relative ai movimenti religiosi del giudaismo del I secolo come gli Esseni, i Farisei, gli Zeloti, eccetera.
Essa contiene anche il cosiddetto Testimonium flavianum, ovvero un breve passo che menziona la predicazione e la morte di Gesù, confermando sostanzialmente il resoconto dei Vangeli.
Benché questo passo sia considerato da alcuni storici, in tutto o in parte, una falsificazione inserita in epoca cristiana, esso fu conservato nell'originale greco da parte della Chiesa cristiana, mentre uno studio, ripreso dal giornalista Antonio Socci, del 1971 di Shlomo Pinès dell'Università Ebraica di Gerusalemme su un codice arabo del X secolo sembra confermare che si tratti di un riferimento al Gesù Cristo dei Vangeli.
Antonio Barluzzi
(Roma, 26 settembre 1884 – Roma, 14 dicembre 1960)
è stato un architetto italiano, ha progettato molte chiese in Terra Santa.
Barluzzi nacque in una famiglia di architetti che da diverse generazioni lavorava per il Vaticano. Dopo essersi laureato in ingegneria all'Università di Roma La Sapienza, nel 1912 seguì suo fratello Giulio a Gerusalemme dove questi aveva l'incarico di progettare l'ospedale italiano.
Con l'inizio della prima guerra mondiale ritornò in Italia, ma nell'ottobre 1917 al seguito di un contingente britannico Antonio e Giulio tornarono a Gerusalemme. Poco dopo ricevette l'incarico di costruire una basilica sul monte Tabor, fu l'inizio di una serie di progetti di costruzioni e restauri che lo fecero restare in Terra Santa fino al 1958 quando a causa di un infarto ritornò in Italia.
Principali opere
-1919 Ospedale italiano a Gerusalemme, oggi parte del ministero dell'educazione e cultura di Israele
-1919 - 1924 Santuario della Trasfigurazione sul monte Tabor
-1920 - 1924 Chiesa di tutte le Nazioni (o dell'Agonia) nel Getsemani a Gerusalemme
-1932 Ospedale di Haifa
-1937 Restauro di marmi e mosaici della cappella di destra del Calvario, nel Santo Sepolcro
-1938 Chiesa delle Beatitudini, sul Lago di Tiberiade
-1939 Chiesa della Visitazione ad Ain Karem
-1952 - 1953 Chiesa della Resurrezione di Lazzaro a Betania
-1953 Santuario Gloria in Excelsis al campo dei pastori, Betlemme
-1954 Restauro del santuario a Betfage
-1955 Costruzione della Chiesa del Dominus Flevit sul monte degli Ulivi a Gerusalemme
Egeria, pellegrina in Terrasanta
Non sappiamo con precisione il suo nome né la sua terra d'origine. Sappiamo, però, con certezza che, nel IV secolo ella intraprese verso la Terrasanta un lungo viaggio di cui ci ha lasciato un prezioso diario.
Il mistero che aleggia attorno alla figura di Egeria o Etheria, alla sua identità ed al fortuito ritrovamento di parte del suo "Itinerarium", contribuiscono a rendere ancora più interessante questa straordinaria figura femminile dell'età antica. Di lei, tuttavia, forse non ne avremmo mai sentito parlare se, circa un secolo fa, nel 1884, l'aretino Gian Francesco Gamurrini non avesse ritrovato nella biblioteca della sua città un codice latino.
Si trattava di una sorta di diario di viaggio scritto da una donna che aveva compiuto una peregrinazio in Terrasanta. Lo scritto restò anonimo sinchè, nel 1903, l'abate Ferotin avanzò un ipotesi che incontrò larghi consensi. L'autrice di questo "Itinerarium" poteva essere identificata con la "beatissima Egeria", donna straordinaria additata come modello di virtù dal monaco Valerio di Bierzo nel VII secolo. In una lettera rivolta ai confratelli di una abbazia situata nella regione del Bierzo (nella Spagna settentrionale, tra l'attuale Galizia e l'antico regno di Leon), Valerio, infatti, ne celebra l'operato lodando in particolare l'impegno profuso nel visitare personalmente i luoghi biblici.
Ma chi era, in realtà, Egeria?
Una monaca badessa o una nobildonna colta appartenente ad un circolo religioso e culturale? Oppure semplicemente una pellegrina? Scrivendo il suo diario ella si rivolge ad un gruppo di sorelle lontane rimaste in Occidente: sono le consorelle del monastero come vorrebbe il monaco Valerio o piuttosto dame aristocratiche a lei legate da uno stretto rapporto di amicizia? Il codice aretino non ci fornisce certezze a riguardo. Ci offre, invece, alcuni indizi sulla provenienza di Egeria.
La descrizione del fiume Eufrate, paragonato al Rodano con il quale l'autrice sembra avere una certa familiarità, potrebbe far supporre la sua provenienza dalla Gallia meridionale. Altri comunque la riterrebbero originaria della Galizia.
Partendo per la Terrasanta, presumibilmente tra la Pasqua del 381 e quella del 384, Egeria affrontò i disagi e i pericoli di un viaggio asssai lungo svoltosi per mare, sui carri, a cavallo, sul dorso di asini e cammelli, a piedi. Giunta probabilmente a Costantinopoli via mare, Egeria raggiunse Gerusalemme attraverso la grande strada militare che percorreva la Bitinia, la Galazia e la Cappadocia, via che seguì anche per il ritorno come lei stessa racconta. Arrivò a Tarso attraverso la difficile catena del Tauro attraverso le celebri "Porte Cilicie", visitò Antiochia, Sycamina (oggi Haifa) e quindi, passando per Emmaus, giunse a Gerusalemme.
Nella Città Santa, da cui fu particolarmente colpita, si fermò tre anni senza peraltro rinunciare ad abbandonarla periodicamente per visitare i luoghi della tradizione biblica. La regione del Sinai, la Giudea, la Samaria e ancora l'Egitto e la Tebaide con i suoi anacoreti rappresentano per Egeria altrettante tappe obbligate del suo viaggio. Legge puntualmente i passi della Bibbia che descrivono i luoghi delle sue visite e sembra, con la sua presenza fisica, voler suggellarne la reale esistenza e storicità.
La fede e la profonda moivazione che sostengono i suoi viaggi la spingono ad affrontare anche imprese ardue come le estenuanti ascensioni a piedi sulle montagne sacre: il Sinai, il Nebo, il Tabor, lo Hetrmon, il Monte delle Beatitudini, il Monte della Quarantena presso Gerico. La fatica non sembra offuscare il suo gusto per la bellezza del paesaggio e la naturale attenzione verso immagini edeniche di giardini verdeggianti ed acque limpide. Nelle sue descrizioni traspare una sorprendente sensibilità.
Quando visita il luogo di Aenon dove, secondo la tradizione, predicava e battezzava Giovanni il Battista, indugia nel ritrarre la "valle amenissima" e il "frutteto gradevole" dove il sacerdote mostra "una sorgente di acqua molto buona e pura che forma un vero e proprio ruscello".
Egeria lascia il luogo dopo aver ricevuto delle eulogie, doni o " benedizioni" consistenti in piccoli oggetti ricordo come ampolle oppure frutta o tralci di verzura che i pellegrini portavano con sé in ricordo dei luoghi visitati. A lei ed alla sua comitiva, ad Aenon, viene offerto un frutto, l'eulogia più comune.
Felice ella riprende il suo cammino ma la sua contentezza esplode a Seleucia dove incontra un'altra donna, la diaconessa Marthana: "Quale gioia per lei e per me quando ci incontrammo!" è il suo grido.
In mezzo alle fatiche di un viaggio spesso compiuto in solitudine, anche l'incontro con un'altra donna poteva sembrare un miracolo.
Custodia Terrae Sancte
E' una parte di un Ordine Religioso della Chiesa Cattolica, l’Ordine dei Frati Minori, conosciuti come i francescani chiamata da Dio da tutte le parti del Mondo per una missione speciale: custodire i luoghi della Redenzione.
Il fondatore, san Francesco d’Assisi, all’inizio del secolo XIII mosso dall’amore per Cristo Povero e Crocifisso si recò in Medio Oriente per "toccare" quei luoghi che fino ad oggi costituiscono una testimonianza insostituibile della rivelazione di Dio e del suo amore per l’uomo.
In quel suo pellegrinaggio, nonostante il guerreggiare delle crociate, incontrò e dialogò a Damietta, in Egitto, con il sultano Melek al-Kamel, il cui governo si estendeva fino alla Terra Santa.
Fu un incontro pacifico, che diede inizio alla presenza dei francescani in Terra Santa e che segnò anche lo stile della nostra presenza lungo il corso dei secoli, fino ad oggi.
Custodire i Luoghi santificati dalla presenza di Gesù ha delle modalità concrete.
Esse si esprimono con l'animazione delle liturgie nei santuari sia per i pellegrini che per le chiese locali, accogliere i pellegrini che giungono da tutte le parti del mondo per pregare e sostare in questi Luoghi e mantenere le strutture di tali Luoghi nel loro corretto funzionamento.
Accanto ai Luoghi Santi sono presenti le chiese locali. Le comunità locali sono costituite da parrocchie di diversi riti e tradizioni sia cattoliche che ortodosse (occidentali ed orientali). Noi francescani curiamo le diverse parrocchie di rito latino che hanno il loro cuore e la loro sede nei Luoghi Santi.